Nel libro “In vino Veritas” scritto nel 1845 da Sören Kierkegaard, il primo scrittore autodefinitosi esistenzialista, egli ripropone il Simposio platonico e allude al potere smascherante del vino e di fare dire ciò che veramente si pensa. Egli scrisse “quando il vino è una difesa della verità e la verità una difesa del vino.” Si tratta di un dialogo con cinque personaggi sul tema dell’amore. Quello che ci interessa, sono i riferimenti al vino e come egli viene teatralizzato esteticamente nel mezzo di questo racconto.
“Fu uno degli ultimi giorni del mese di Luglio, la sera intorno alle 10, che i partecipanti si riunirono per quel convito…I partecipanti erano 5: Johannes, soprannominato il Seduttore, Victor Eremita, Constantin Constantius e due altri Il giovanetto e il mercante di moda)…La sala da pranzo splendidamente illuminata, dove si teneva il banchetto, i riflessi di luce con i loro raggi inebrianti producevano un effetto fantastico…si sentivan le note del balletto del Don Giovanni.” ( di Mozart).
I cinque si avvicinano al tavolo e “ Johannes ripeté viva la libertà – et veritas , disse il giovane; ma prima di tutto in vino, interruppe Constantin, prendendo posto egli stesso alla tavola ed esortando gli altri a fare altrettanto….In quel momento risuonò dall’orchestra quell’invito nel quale il piacere tripudia al massimo grado..”
La cena inizia e scopriamo qualche indizio enogastronomico:
“questi tartufi sono superbi”: ora un’esortazione dell’ospite. “un po’ di questo Château Margaux!”
Il tartufo viene abbinato al Médoc ma quale Médoc! Un premier grand cru classé ancora non classificato a quell’epoca (lo sarà nel 1855 quando Napoleone III richiederà di stabilire una classifica dei vini del Médoc e del Sauternes in funzione della differenza di prezzo delle vendite, in relazione all’annata, alla longevità e alla notorietà nazionale dello Château produttore).
Qualche informazione sul Château Margaux è auspicabile. Nel 1830, Alexandre Agaudo comprò il Domaine di Château Margaux. Era il primo banchiere a comprare un grande castello bordolese. La sua fortuna era già immensa e Château Margaux rappresentò per lui solo una proprietà elegante e gradevole a vivere. Diventò il mecenate di Rossini, che compose una zarzuela intitolata “Château Margaux”.
Il Château Margaux è un assemblaggio per il 97 % di cabernet sauvignon, per il 7% di merlot, per il 2% di cabernet Franc e per l’1% di petit verdot (interessante per la sua acidità che favorisce la longevità dei vini del Médoc). Probabilmente nelle parcelle del Château era piantato del Camerouge, vitigno antico che non viene più utilizzato alla fine del XIX secolo. Il Château Margaux del 1771 è stato il primo millesimo bordolese ad apparire in un catalogo di Christie’s nel marzo 1776: “Eccelente Bordeaux con un bel sapore dell’anno 1771.”
Come definirlo questo vino? Qualche spunto. Si tratta di un vino femminile “de la rive gauche” (il Domaine si trova al lato sinistra dell’estuario della Gironda, dopo l’incrocio tra la Garonna e la Dordogna), con una grande limpidezza e un colore rosso granato con riflessi acajou, al naso, profumi di violette, di more e di ribes, di spezie finissime e dolci, in bocca, si percepisce ampiezza, soavità , potenza ed eleganza, caudalie di circa 9/10: una persistenza unica. Parker-Wine Advocate, ha dato il massimo dei voti: 100/100 per l’anno 1900. La sua descrizione è corta: “di una ricchezza favolosa, e di una untuosità incredibile, questo vino, di cui i profumi potrebbero riempire una stanza, è di una grande opulenza e di una meravigliosa precisione nel disegno.” Quando si tratta di un gran vino non ha più senso descriverlo in modo “accademico”, perché la sua complessità è così elevata che tutti gli aromi si intrecciano, si confondono, creando un profumo unico, inconfondibile. Un vino potente e tenero.
L’abbinamento Margaux e tartufo ci lascia pensare a note terziarie di humus, sottobosco con accenni minerali. Questo vino incredibilmente avvolgente e potente aiuterà i nostri 5 compagni a rivelare la verità sull’amore, e soprattutto ad avvicinarci all’etica e all’estetica della vita?
La cena si prolunga, “…essi mangiarono, bevvero e bevvero e si ubriacarono. Fu portato il dessert… c’era lo Champagne che spumeggiava in sovrabbondanza. L’orologio suonò le dodici…”
Questa volta lo Champagne viene servito al dessert, al colmo dell’ebbrezza, a mezzanotte. Ma che Champagne? Quello della Veuve Cliquot per bacco! Il suo cavalo di battaglia era: “Une seule qualité, la toute première » (una qualità unica, solo la migliore).Una donna forte e determinata. La Maison Cliquot fu fondata a Reims da Philippe Cliquot nel 1772. Philippe morì prematuramente e la giovane vedova Nicole Barbe Ponsardin prese in mano le redini della Maison e portò il suo Champagne ad una dimensione internazionale. La prima spedizione di Champagne Cliquot fu destinata a Venezia. Nel 1810, Madame fece un’innovazione con il primo millesimo conosciuto in Champagne. Il suo maître de chais, Anton Müller, inventò lo Champagne rosé nel 1804.
(Per l’aneddoto, lo Champagne Brut è stato creato nel 1876 alla richiesta degli inglesi che preferivano bere vini secchi.)
Ritorniamo a Kierkegaard: l’ultimo commensale, Johannes il Seduttore prende la parola e smonta tutti i discorsi intrapresi dagli altri invitati.
“Voglio parlare in onore della donna… Traggo motivo di gioia da ciò, che il sesso femminile lungi dall’essere più imperfetto di quello maschile, sia invece il più perfetto.”
(Marilyn Monroe avrebbe riempito la sua vasca da bagno con 350 bottiglie di Champagne per una sua fantasia mattinale.)
Alla fine della cena, brindano tutti e scagliano i loro bicchieri all’indietro contro la porta della parete: atto simbolico dell’annullamento, dell’interruzione e porta all’oblio ogni ricordo di questo discorso.
Il godimento, per quello gli uomini vivono, per vivere nell’istante e ricercare il piacere dell’istante. Secondo Kierkegaard, il primo livello della vita è l’estetica, che l’uomo percorre, poi seguono la vita etica e quella religiosa.
Adesso nella nostra società il Simposio si ridurrebbe all’ebrezza rapida, con il consumo sfrenato di spritz abbinati a delle patatine, bevuti in strada con una mascherina abbassata e un collegamento con Tinder. Abbiamo perso l’estetica nel vino e nell’amore ma forse anche nella vita.