Sauvignon Alteni di Brassica 2019 di Gaja
Ogni evento speciale richiede un vino speciale. Proporre un Sauvignon Alteni di Brassica 2019 di Gaja durante un pranzo di compleanno è certamente una bella esperienza per tutti i commensali. Oltre all’apprezzamento generale di questo Sauvignon c’ è un elemento importante che non si deve tralasciare: l’etichetta. Ne vorrei proporre un’analisi “estetica “.
Angelo Gaja
Penso che sia inutile presentare il famoso produttore Angelo Gaja e il suo emblematico Barbaresco. Basta digitare sulla tastiera del computer: Gaja e il crawler di Google pesca informazioni a sufficienza. Tuttavia il sito web di Gaja è estremante laconico. www.gaja.com è costruito con una unica pagina totalmente nera cosparsa di poche parole scritte in bianco: Gaja, l’indirizzo dell’azienda, un numero di telefono e una mail da contattare. Solo Gaja si può permettere di presentarsi con quest’essenzialità cromatica e informazionale. Il suo sito rispecchia le sue austere etichette. La scelta stilistica di etichette bianche e nere risalgono al 1964. Angelo Gaja voleva, in quel periodo, esprimere con questi due colori la sobrietà e privilegiare l’essenzialità. Il nero rappresentava il passato, il vissuto, l’immutabile e il bianco era il futuro: il passato come esperienza e tradizione e il futuro come obbiettivo. La scelta “estetica e filosofica” di Gaja proviene, in realtà, da un lontano passato. La nostra cultura occidentale ha dato significati diversi al bianco e al nero. Scopriamoli.
Il bianco, di cui l’etimologia viene dalla parola germanica blanch (luminoso, lucente) è legato al sacro, all’uomo nuovo, alla pace, alla gloria, alla purezza e alla verginità.
L’etimologia di nero viene dal latino nĭgru(m). Accusativo di nĭger: nero, scuro e in senso lato fosco, tempestoso, tenebroso, luttuoso, fatale, in lutto, pungente.
Nella Genesi, all’inizio della creazione Dio disse “Fiat lux et lux facta est”.Il nero precede la creazione, esiste prima del fatidico Fiat Lux! È il colore del diavolo, delle tenebre e della morte. La chiesa recuperò il colore nero per gli ordini minori. Con la riforma protestante il nero diventò il segno dell’austerità ideale e della serietà.
La storia
Il letterato rinascimentale Baldassar Castiglione pubblicò nel 1528 un trattato intitolato “Il Cortegiano” in cui racconta la vita di corte nel palazzo ducale di Urbino e le caratteristiche del perfetto cortigiano. Consiglia vivamente al cortigiano di vestirsi di nero e ne spiega il perché:
Il Cortegiano
Gli abiti del nostro corteggiano: ”Vero è ch’io per me amerei che non fossero estremi in alcuna parte, come talor sòl essere il francese in troppo grandezza e ‘l tedesco in troppo piccolezza, ma come sono e l’uno e l’altro corretti e ridotti in meglio forma dagli Italiani. Piacemi ancor sempre che maggior grazia nei vestimenti il color nero, che alcun altro; e se pur non è nero, che almeno tenda al scuro;…”
Mme de Récamier, considerata la più bella donna del suo tempo (durante il primo impero francese), impose alla corte la sua tunica bianca che portò tutta la sua vita. Era mondana, coquette, amante della letteratura e degli uomini. Il suo bianco era il charme, la bellezza, il desiderio, la voluttà e anche la libertà.
Il bianco e nero
La bellissima Diane de Poitiers, favorita di Enrico II di Francia si vestiva solo di bianco e nero. Il suo modo di vestirsi esaltava le sue caratteristiche fisiche e intellettuali: bellezza, spirito vivace, grande cultura e sensualità.
Sapevate che il bianco e il nero appassionava il pittore Rubens? Sembra strano vista la sua vibrante e ricca palette cromatica.
La nascita della stampa nel 1455, della fotografia nel 1826 e successivamente del cinema hanno rafforzato il divario tra il bianco e il nero.
Robert Frank, noto fotografo e documentarista svizzero disse ”Il bianco e nero sono i colori della fotografia. Per me simboleggiano le alternative di speranza e disperazione a cui l’umanità è per sempre soggetta”.
Riguardo al cinema italiano, che sarebbe il neorealismo senza l’impatto drammatico ed esageratamente realistico di “Roma città aperta” di Rossellini se fosse a colori? Il bianco e nero urla l’ingiustizia, smaschera la povertà, le tragedie quotidiane, incita la ribellione, mostra la commuovente sincerità dei sentimenti (Il Ladro di biciclette) o l’ostile bellezza paesaggistica (Stromboli, Terra di Dio).
Nella metà del XX secolo l’artista Pierre Soulages creò il nero sublimato: “Il nero non è più nero ma è l’Outrenoir (oltreilnero)”. L’artista inventò questa parola nel 1979 per definire questa simbiosi tra il nero e la luce. Se il nero è luce allora possiamo dedurre che il bianco è tenebre?
L’artista statunitense Franz Kline, intorno al 1950, semplificò la pittura: usava larghi pennelli, rulli e applicava sulla tela solo due colori acrilici: bianco e nero. Il bianco individualizza, valorizza un nero che gesticola, si irrigidisce, si struttura. Kline svela con le sue tele bicromatiche un nuovo linguaggio di segni che non si possono leggere. Denuncia in quel modo la sua avversione al positivismo, alla vita borghese e al conformismo.
Hans Hartung (1904-1989) esponente de l‘Art Informel conosceva bene il nero. Egli creò un nero primordiale, un nero del pensiero, un nero dell’abisso. Si focalizzò sul raggiungere l’essenza della realtà attraverso la sua gestualità scegliendo una palette cromatica con masse nere e luminose strisce e spazi con tonalità calde e vibranti: bianco, giallo, turchese, indago, rosso vermiglio. Un magma cupo frastagliato di lava incandescente evoca gli albori della vita sulla terra.
Nel 1957, l’artista cremonese Piero Manzoni iniziò la serie Achromes (senza colori) in cui egli usò la neutralità del bianco con materiali insoliti. Le colate di gesso e caolino bianche creavano ombre scure senza l’intervento dell’artista. La materia stessa produceva zone luminose e oscure. Un bianco e nero all’opera della materia stessa. Provocazione, anticonformismo, libertà? Dal bianco nasce il nero e dall’arte nasce la materia.
Le etichette di Gaja
Questa rapida visione panoramica del bianco e nero allarga il significato temporale delle etichette di Gaja. Angelo Gaja si è definito come un artigiano per l’accuratezza del suo lavoro. Ma il termine più appropriato è esteta. Cerca l’eccellenza e la perfezione con i suoi vini. È riuscito, con maestria, a materializzare il bello nelle qualità visive e gustative dei suoi vini, nelle localizzazioni uniche dei suoi terreni, e nella particolarità espressiva dei suoi vitigni. I suoi vini, la cantina, le etichette riflettono la sua immagine.
Ha elaborato attraverso le sue etichette un messaggio insolito (per il mondo del vino degli anni 60) in cui il nero rappresentava l’anticonformismo, l’essenzialità, il “bon ton”. Si andava oltre il limite della tradizione (l‘Outrenoir). Col bianco valorizzava la luminosità, la nobiltà, il conformismo, la sensualità, la libertà di scelta. Il nome Gaja scritto in grande sull’etichetta bianca era la firma dell’artista, la conferma del suo savoir-faire, della qualità del suo lavoro.
Nei giorni nostri il significato è cambiato radicalmente. Il nero non è il passato e il bianco il futuro. Si tratta oramai di un’osmosi temporale in cui due presenti fluttuano. Il pensiero di Frank Robert è più attuale che mai: “il bianco e il nero simboleggiano le alternative di speranza e disperazione a cui l’umanità è per sempre soggetta”.
Tra un odierno nero, tenebroso, specchio delle guerre, del cambiamento climatico, delle catastrofi ecologiche, spunta un odierno bianco che stimola la consapevolezza delle proprie azioni etiche e pensieri filosofici verso il terreno, i vitigni, il vino, verso l’umanità. Certo Gaja non l’aveva previsto ma questo è il presente e il mondo del vino deve reagire rapidamente a queste nuove sfide.
Degustazione
Piemonte doc Sauvignon
13,5% alcol
Occhio: Giallo paglierino con riflessi dorati cristallino limpido
Naso: Intensità: abbastanza intenso
Vino abbastanza complesso, qualità fine.
Aromatico (impronta varietale del Sauvignon), floreale (fiori bianchi), erbaceo, fruttato (pompelmo, limoni), cannella.
In Bocca: fresco, morbido, caldo, ben equilibrato tra alcol e acidità, leggermente sapido, di medio corpo.
Persistenza aromatica 7
Persistenza gustativa 7
Vino a bere nella sua giovinezza
Temperatura servizio 10 gradi
Abbinare con piatti di pesce o crostacei (spaghetti con gli scampi, risotto ai frutti di mare, capesante in padella o spiedini di capesante).