Le virtù della degustazione alla cieca
Ci sono ottime ragioni per bere un vino alla cieca, così come ci sono ottime ragioni per non berlo alla cieca.
Le tre virtù:
La prima virtù è la freschezza dell’esperienza, la sua ingenuità coltivata. Il vino viene servito, ne guardo il colore, lo annuso, lo deglutisco, insomma lo assaggio. È un’esperienza nuda e pura. L’ appassionato di vino vive un’esperienza non sapiente, né erudita. Si impara qualcos’altro da ciò che si beve disimparando tutto ciò che si sa sui vini.
La seconda virtù è la concentrazione. Bere alla cieca è come leggere un romanzo poliziesco: si cercano gli indizi in ogni pagina. Il colore del vino ci dice quanto è vecchio. Se è torbido: è un vino naturale? Un vino non filtrato? I suoi aromi mi dicono se è un Moscato o un Traminer. Al palato si analizzano l’acidità, l’alcol, i tannini, i tannini, la persistenza e ben altri fattori per confermare un’intuizione.
La terza virtù della degustazione alla cieca è la trasvalutazione dei valori come direbbe Nietzsche. Il vino viene spogliato degli ornamenti retorici, degli investimenti simbolici, del rispetto imposto – come si può sfuggire, di fronte a un vino famoso, costoso, presente in tutte le guide, a un’eccessiva determinazione, a un certo snobismo, al senso di appartenenza a un’élite. Pochi privilegiati potranno degustare un Barolo Riserva Monfortino Docg 2013 di Giacomo Conterno. Oltre a questi capolavori esistono anche dei vini che si bevono per “l’etichetta”. Succede che certi vini sopravvalutati cadono dai loro piedistalli perché sono privati della loro “nota esplicativa”.
A volte, giudicare un vino senza contestualizzazione può anche portare a un’eccessiva e immeritata severità. Un vino importante di più di 20 anni mal conservato o un vino atipico può destabilizzare certi amatori. La degustazione alla cieca valorizza una forma di spontaneità: amo o non amo. Ma perde in profondità e in finezza.
Come nelle opere d’arte: molte richiedono un iniziazione per essere pienamente apprezzate.
Per esempio il piccolo quadro di Edouard Manet. L’asperge del 1880.
Si tratta di un’opera di veloce composizione che evidenzia la prodigiosa abilità dell’artista quanto il suo gusto squisito: le tonalità malva e grigia dell’asparago si armonizzano con il colore del marmo.
Georges Bataille scrisse: “Morta, si, ma al contempo vivace”.
Le due insidie
Due insidie emergono nella degustazione alla cieca.
La prima è la sottovalutazione* di un fattore essenziale alla conoscenza del vino: la sua iscrizione in varie serie – i vini dello stesso terroir, i vini dello stesso produttore, i vini dello stesso millemisato, i vini dello stesso vitigno. Per capire un vino bisogna paragonarlo ad altri vini dello stesso terroir, della stessa zona o sottozona. Nel mio precedente articolo sui vini dell’Alto Piemonte, le varie degustazioni mettono in evidenza le particolarità del Nebbiolo nelle quattro zone di produzione.
La seconda insidia è la surestimazione della degustazione “pura” intesa come isolata dal cibo. Bere alla cieca vuole dire bere il vino per lui stesso. Invece i vini sono bevande destinate ad accompagnare del cibo, un piatto specifico o la totalità d’un pranzo. Ma le qualità di una buona bottiglia non sono sempre quelle che offrono un accordo perfetto tra cibo e vino.
Un vino plurimedagliato in un concorso vinicolo può avere dei punti di forza che si possono trasformare in punti negativi a tavola. Ricchezza alcolica, tannini potenti, aromi troppo fruttati o speziati, acidità troppo elevata rischiano di prevalere sul cibo e rendono impossibile qualsiasi accordo.
Succede che un vino sia seducente bevuto da solo e che si riveli incapace di accordarsi con qualsiasi piatto. Finisce abbandonato nel buio e nel silenzio di una cantina, mai esposto alla luce di un pranzo.
La dama con l’ermellino di Leonardo Da Vinci , Museo del Principe Czartoryski Cracovia. A sinistra un falso d’autore
Se vogliamo fare un parallelo con l’arte, degustare alla cieca vini rari e notevoli, è come se il direttore di un museo distribuisse quadri a caso e nascondesse deliberatamente i nomi degli artisti e le date delle opere. Si tratterebbe di un approccio molto insolito, che confonderebbe la contemplazione dei dipinti con un mediocre quiz se i capolavori fossero perversamente mescolati a falsi e a qualche scarsa crosta: l’elenco dei pittori finirebbe all’ingresso del museo e i visitatori dovrebbero elaborare da soli le corrette attribuzioni. Chi pagherebbe per una visita del genere?
Durante una degustazione alla cieca presso l’università del vino di Lione, furono serviti due vini rossi di un’estrema somiglianza. Essendo in Francia mi aspettavo di star degustando un vino francese. Nell’analisi delle loro caratteristiche capii che si trattava di vino proveniente dal Sud di Lione e che non si trattava di un assemblaggio ma di un monovitigno. Non riuscii a identificare il vitigno francese con questi aromi. C’erano delle note speziate come la liquirizia, ma non poteva essere un Syrah. Poi il secondo vino era somigliante al primo. Gli aromi erano un po’ più maturi. Era elegante e opulento come l’altro. Insomma un enigma.
Dopo avere compilato le due schede da degustatore, consegnai il mio lavoro senza inserire i nomi dei vitigni. Ero veramente frustrata. Non avevo individuato questi due vini e di più mi sembravano quasi identici. Alla fine della degustazione scoprii la verità: un tempranillo della Rioja: lo stesso vino dello stesso produttore ma di due annate diverse. Sono stata in un certo senso condizionata dal posto dove mi trovavo: Lyon in Francia. Questa “superficialità” non mi ha permesso di analizzare al meglio i vini e mi sono completamente bloccata sui vitigni francesi senza pensare che potessero provenire da un altro paese. La degustazione alla cieca richiede umiltà e la capacità di analizzare perfettamente ogni indizio che rivela il vino senza pregiudizi o previsioni azzardate. La verità è tagliente come la ghigliottina e basta poco per avere la testa tagliata.
*Trasvalutazione dei valori: Secondo Nietzsche, la morale, la religione cattolica e i valori occidentali sono il risultato di un'inversione di valori che deve essere ribaltata. Per lui, il cristianesimo e la morale del bene e del male ad esso associata condannano qualsiasi forma di vita e di realizzazione che porti al superuomo.
Testo ripreso in parte dal libro: Une philosophie du Vin de Pierre-Yves Quiviger (da pagine 14 a 24).
Definizione della trasvalutazione dei valori da Axel Nierding