Corre in fretta ed è talvolta crudele il mondo del vino. Accade pertanto che determinati prodotti, che anche solo pochi anni fa erano in grande spolvero e figuravano come punti di riferimento, come “you can’t miss” wines, finiscano nel dimenticatoio, o, peggio ancora, conoscano un malinconico degrado qualitativo.
È questo il caso, ad esempio, di un vino bianco come il Gavi dei Gavi etichetta nera de La Scolca azienda che superato il secolo di attività si fa notare soprattutto per la frenetica attività mediatica della titolare, Chiara Soldati.
Basta tornare agli anni Sessanta del secolo scorso per scoprire che questo bianco, ottenuto da un’uva dai clamorosi limiti come il Cortese, era il vino bianco che veniva servito nei pranzi che al Quirinale, grandi Presidenti della Repubblica come Einaudi, Segni, Saragat, Gronchi, Leone, cento volte meglio di quelli (Kossiga a parte) che sono venuti dopo, offrivano a loro colleghi Presidenti, a re e regine. Il vino rosso scelto era invece il Capo di Stato di Loredan Gasparini che piaceva molto anche al Generale De Gaulle.
Ma, hélas!, non bastano queste credenziali, non si può dormire sugli allori!

foto Ziliani
Al mio assaggio odierno, giovedì 17 luglio 2025, questo storico Gavi dei Gavi etichetta nera, di cui ho degustato l’annata 2019, ha clamorosamente “toppato”. Ha non solo confermato i limiti, congeniti, del Cortese (che anche spumantizzato dà risultati inferiori a quelli che danno altri bianchi autonomi piemontesi come Arneis e Timorasso) e ha mostrato impietosamente che il Re è caduto dallo scettro ed è nudo.
Il colore andrebbe ancora, un paglierino scarico che dimostra stanchezza e poca energia, ma poi oltre alla finezza del naso, sottile, poco espressivo, giocato su note floreali e di agrumi, timidi accenni minerali, un filo di sale (ma sono aromi piuttosto sciapi e “sconditi”) non si va proprio.
Peggio ancora al gusto, verde, amarotico, stanco, seduto, monodimensionale, senza slancio ed energia, noioso, che non invita affatto a bere.
Insomma, una bocciatura secca (come ai miei tempi del Liceo scientifico Lussana di Bergamo, quando poiché ero così bravo in matematica e fisica che la professoressa Chiarante, comunista e sorella di un senatore del PCI, mi fece ripetere la terza…) senza possibilità di essere rimandati a settembre.
Mi dispiace per Chiara Soldati, figlia di Giorgio, che andai a intervistare per la Gazzetta di Parma nei primi anni Ottanta del Novecento, e parente del sommo regista, scrittore, giornalista, personaggio della TV in bianco e nero Mario “Marion” Soldati, autore di quel capolavoro che è Vino al vino ma, mi spiace dirlo, ai suma no!
E se madame Chiara, invece di dedicarsi così vorticosamente a pubbliche relazioni, feste, eventi mondani, provasse a occuparsi di più di vigna e cantina?
Franco Ziliani






