Rabelais
François Rabelais, umanista, scrittore, insegnante, prete, medico, rappresenta con i suoi scritti il rinascimento francese. I suoi romanzi parodistici Gargantua e Pantagruel insegnano attraverso il ridere un nuovo modo di pensare e di apprendere più realistico. Andò varie volte in Italia per delle missioni, accompagnando il cardinale Jean du Bellay, e anche per rifugiarsi dalle pesanti critiche da parte della chiesa e della Sorbona. Si recò a Roma, Ferrara, Firenze e Torino. Potremmo chiederci che vino abbia bevuto in Italia il nostro gioviale Rabelais. Penso che se avesse assaggiato il Primitivo (antichissimo vitigno del sud), avrebbe modificato l’inizio della nascita del suo eponimo Gargantua:
“Il buon Grangola stava bevendo e spassandosi cogli altri quando intese il tremendo grido del figlio che veniva alla luce di questo mondo urlando: bere, bere, bere! E allora disse: “Que grand tu as!” (sottinteso la gola). Ciò udendo i presenti dissero che gli si dovesse metter nome Gargantua perché questa era stata la prima frase del padre alla nascita, secondo l’esempio degli antichi ebrei. Consentì il padre e ne fu contentissima la madre. Per acquetarlo gli diedero bere a iosa e portatolo al fonte fu battezzato al costume dei buoni cristiani.” (Libro 1 capitolo 7)*
Il Primitivo di Manduria
Diedero al neonato Gargantua una quantità gigantesca di latte di mucca (17913 mucche vennero munte). Mettiamo da parte l’educazione e la dieta infantile, per gioco, e offriamo come primo augurio al piccolo Gargantua del Primitivo. Non era raro nelle campagne francesi, fino alla metà del XX secolo, aggiungere al biberon alcol di tutti i tipi “per tranquillizzare il bambino e farlo dormire”. Probabilmente Gargantua avrebbe bevuto avidamente il primitivo di Manduria.
Le sue caratteristiche organolettiche lo rendono immediatamente apprezzabile e il nostro smisurato protagonista le avrebbe capite al primo sorso:
-Colore rosso rubino molto scuro, profumo intenso fruttato (piccoli frutti rossi). Al gusto il primitivo denota una buona struttura, ricca di alcol e di estratto, con acidità contenuta e discreta tannicità. Ha una buona persistenza gusto-olfattiva.
Volevo presentarvi un primitivo che il giornalista Franco Ziliani mi aveva consigliato di assaggiare qualche tempo fa. Si tratta di:
Masseria Li Veli Primitivo 2018 – Salento IGT – ASKOS
Nel 2008, la Masseria Li Veli viene acquisita dai Fratelli toscani Edoardo e Alfredo Falvo (la loro famiglia è stata la fondatrice della toscana Avignonesi), con l’obiettivo di ristrutturare l’azienda e riposizionare il Brand. In pochi anni la Masseria diventa una delle principali aziende pugliesi in termini di qualità dei prodotti e di notorietà.
Questo vino viene prodotto con uve Primitivo in purezza coltivate a Cellino San Marco e rientra nel progetto della cantina dedicato alla ricerca, selezione e valorizzazione del patrimonio dei vitigni autoctoni e rappresentato in etichetta da un askos, un “decanter” greco del I secolo a.C. Questo Primitivo riposa per 9-12 mesi in barriques francesi da 225 litri e in botti grandi da 50 ettolitri prima dell’imbottigliamento.
Degustazione del Primitivo 2018 – Salenti IGT- ASKOS
All’occhio: rosso rubino con qualche riflesso mattone, colore scuro profondo
Al naso: bella complessità aromatica in cui prevale la ciliegia sotto spirito, gelsi rossi, erbe balsamiche, humus.
In bocca: marmellata di prugne, ciliege, gelsi, more, spezie (liquirizia, vaniglia), rosmarino e mirto, note di sottobosco. Bella morbidezza (15,5 gradi di alcol), avvolgente e potente. Vino caldo, generoso, tannini discreti. Bella persistenza. Retrogusto di frutto sotto spirito e pepe nero.
L’ho abbinato a delle orecchiette con broccoli, guanciale, peperoncino e pecorino sardo. Si adegua benissimo anche con carni rosse, formaggi stagionati e cioccolata fondente oltre 75% di cacao.
Concludo con la piccola poesia modificata che Rabelais propone al lettore all’inizio del suo primo libro:
AI LETTORI,
O voi che il vino a bere v’apprestate,
Liberatevi d’ogni passione
E bevendo non vi scandalizzate,
Ché non contiene male né infezione.
Perché gli è ver che tanto perfezione…
V’apprenderete, salvoché nel bere;
Non può il mio cuore senza vino vivere
E innanzi al duolo che vi mina e estingue,
Meglio è di vino che di pianto scrivere,
Ché il bere vino l’uom dall’animal distingue.
VIVETE LIETI
Complimenti Valerie, sempre magica nel raccontarci vini di un certo carattere.
Grazie a te Gianluca del tuo interesse per il mio blog