Nel 2024, una mostra su Leonardo da Vinci e i profumi del Rinascimento è stata allestita presso il Castello del Clos Lucé ad Amboise, in Francia, dimora di Leonardo negli ultimi tre anni della sua vita. Sfogliando il catalogo della mostra, in particolare il capitolo intitolato “Le soglie olfattive del disgusto ai tempi di Leonardo da Vinci”, sono rimasta sorpresa da una favola scritta da Leonardo sul vino. In questo testo, egli contrappone la nobiltà della bevanda alcolica alla corruzione rappresentata dal corpo umano. La favola è tratta dal Codex Atlanticus, folio 188r.
Non veggio io forse che sono presso alla morte, poiché lascerò la dorata stanza di questa coppa per entrare nella rozza e fetente caverna del corpo umano, dove, di soave e odorifera bevanda, mi converrò in vile e abominevole umore?
E come se tanta sciagura non bastasse, mi converrà dimorare lungamente in sordidi reconditi, insieme con altre materie infette e corrotte, espulse dalle viscere degli uomini.
Leonardo si immedesima nel vino che sta per essere bevuto e descrive un viaggio ripugnante all’interno del corpo umano, fino all’espulsione finale. Affermava di aver dissezionato quasi trenta cadaveri. Aveva osservato e disegnato il corpo umano nei suoi minimi dettagli e possedeva una conoscenza approfondita della sua struttura.
Ma pensare al percorso del vino che, dalla coppa, finisce per essere espulso dalla vescica… è davvero incredibile. A chi verrebbe mai in mente un’idea del genere?
Si sa che era un uomo pieno di contrasti interiori: passava dalla serietà all’ironia, dall’ostinazione all’incostanza, dalla solitudine alle feste mondane.
Noi, uomini e donne di poco genio, vediamo il vino come una fonte di piacere — per alcuni, anche come uno Status Symbol.
Le nuove generazioni Y e Z, invece, pensano alle calorie e agli effetti deleteri dell’alcol. Viene da chiedersi se anche loro non soffrano di contrasti interiori… questi ragazzi.
A questo punto mi rivolgo alla generazione X e ai baby boomers: a coloro che provano gioia, felicità, nel bere un buon vino senza farsi troppi problemi.
Vi presento un’Alta Langa che, dalla coppa cristallina, finirà… dove la natura ha deciso.

foto Humbert
Deltetto Alta Langa DOCG Brut 2021 – Millesimato – Metodo Classico – PN-CH (Pinot Nero e Chardonnay)
Sboccatura: ottobre 2024
Colore: giallo paglierino intenso, bollicine numerose e fini
Intensità: abbastanza forte – Qualità: fine – Diversità: ricca
Naso: agrumi, fiori bianchi, crosta di pane, lieviti
Bocca: abbastanza sapido, caldo, fresco
PAI (Persistenza Aromatica Intensa): 6 – PG: 6
Inizia con un tocco di aggressività, sia al naso (note forti di lieviti) che al gusto. La spuma è generosa e leggera per circa un minuto, poi scompare e il vino si stabilizza. In bocca, predomina una sensazione di freschezza e sapidità. Segue una leggera sucrosità che riequilibra il primo impatto. Si gioca tra finezza e struttura.
Un’Alta Langa interessante per un aperitivo. Non lo consiglierei per accompagnare un intero pasto. Il produttore lo suggerisce anche con le ostriche, ma io preferirei un Extra-Brut anziché un Brut: anche un residuo zuccherino minimo, sull’iodio delle ostriche, lascia in bocca una sensazione un po’ pastosa. Per le ostriche, a mio avviso, ci vuole un vino molto fresco e sapido.
Questo spumante si può invece abbinare molto bene agli antipasti freddi e caldi della tradizione piemontese.
Ripensando a Leonardo da Vinci, sono sicura che avrebbe dimenticato il percorso “scatologico” del vino scoprendo il piacere unico di bere Champagne o spumante. Essendo un personaggio geniale ed eccentrico, quale cibo avrebbe potuto abbinare con questo Alta Langa?
Leonardo era appassionato di cucina e sperimentava nuove tecniche e ricette. A Milano, aveva aperto una locanda insieme a un socio, ma l’impresa non ebbe successo — forse a causa delle sue ricette troppo eccentriche. Non era certo Carlo Cracco.
Nei suoi scritti propone piatti stravaganti, come orecchie di maiale, gabbiano in pastella e ghiro farcito… ma anche creste di gallo, quell’ingrediente che si ritrova nella celebre ricetta piemontese della Finanziera.
Possiamo concludere che Leonardo da Vinci avrebbe potuto abbinare quest’Alta Langa Brut con una bella Finanziera…?
Proviamo?
Musica per accompagnare lo spumante e le crete di gallo: Paduana del Rey Anonimo s.XVI