Dolcetto d’Alba Vigna Basarin 2022 Castello di NeiveNon posso iniziare questo articolo se non citando due persone che ci hanno lasciato da qualche anno e sono fortemente legate a questo vino. Sono Tonino Verro, che con la moglie Claudia (regina dei tajarin) condusse uno dei ristoranti del mio cuore, la Contea in piazza Cocito a Neive (uno dei comuni della Docg Barbaresco) e l’ingegnere Italo Stupino, che portò il Castello di Neive a essere una delle migliori aziende della denominazione, attivando una preziosa collaborazione con la Facoltà di Agraria dell’Università di Torino per il miglioramento in ambito agronomico ed enologico dei vini del Castello (che vanta una lunga e appassionante storia) e il cui lavoro trova oggi in Claudio Roggero, per anni fedele collaboratore di Stupino, un appassionato, competente continuatore.
Questo Dolcetto d’Alba Vigna Basarin (un cru che viene rivendicato anche da un altro piccolo produttore di Neive, Luigi Voghera) fa parte di una gamma che comprende quattro Barbaresco, due dal pregiatissimo cru (io preferisco ancora chiamarlo così invece che MGA…) Santo Stefano, “normale” e riserva, cru Gallina, Langhe Nebbiolo, Barbera d’Alba, 4 Barbera d’Alba, Langhe Pinot nero, Albarossa, Piemonte Grignolino, Langhe Arneis, Langhe Riesling (bevuta di recente una vecchia annata trovata in forma strepitosa – ne ho scritto sulla mia pagina Facebook il 28 agosto e un metodo classico, è stato tra i primissimi Dolcetto che ho bevuto, nel lontano 1982 (solo 43 anni fa, l’anno prima che sposassi Eliana e tre anni prima che nascesse nostra figlia Valentina) e ha sempre avuto uno spazio particolare nel mio cuore. Spazio condiviso con i due Dolcetto d’Alba di Giuseppe (Mauro) Mascarello, il Bricco Mirasole e il Santo Stefano, il Coste & Fossati di Vajra, il Vigna Scot di Cavallotto, il Mandorlo di Elvio Cogno, il Solatio di Brovia, il Priavino di Roberto Voerzio, i Dolcetto d’Alba di Enzo Brezza e di Fabio Alessandria, alias Comm.G.B.Burlotto, il Dolcetto d’Alba dei Grassi di Elio Grasso.
Prodotto solo in 2000 bottiglie, resa di 70 quintali per ettaro, ottenuto da un vecchio vigneto, il Vigna Basarin a me piace tantissimo. È il Duset, bun, ma propi bun, che berrei tutti i giorni (se ogni giorno, per la gioia dei miei affezionati lettori che dal 15 ottobre potranno leggermi anche su un mio nuovo wine blog, non mi capitasse di provare anche altri vini di ogni parte d’Italia e spesso di Francia).

foto Ziliani
Colore rubino granato intenso, brillante, luminoso, ha un naso inconfondibilmente “dolcettoso” e langhetto: viola, terra bagnata, erbe aromatiche, pepe nero, lamponi e ciliegie.
Bocca larga, piena, leggermente terrosa, con una buona struttura tannica e una lunga persistenza, grandissima piacevolezza di beva, golosa.
Io l’ho abbinato a un cacciatorino al Barolo, a della Fontina, a del Branzi d’alpeggio e a dei peperoni gialli e rossi fatti in padella secondo mia personale ricetta.
Abbinamento musicale: Sinfonia n°4 opera 20 di Robert Schumann con i Wiener Philarmoniker diretti da Herbert Von Karajan. Registrazione del 1987, due anni prima della scomparsa del Maestro.






