In fondo, ne sono orgoglioso, è grazie a me che oggi propongono alla loro clientela i vini di questa meravigliosa azienda vinicola neozelandese, posta nella mitica Marlborough County, azienda della famiglia di uno dei più famosi, e bravi winemaker del mondo, il mitico Kevin Judd, che oltre a produrre vini splendidi splendenti e anche un grande fotografo, autore di un libro spettacolare che i potenti Dei un paio di mesi fa mi hanno fatto arrivare da Down under...
Tutto parte dal novembre 1996, quando (dirigevo ancora la biblioteca civica di Stezzano, cosa che ho fatto per 18 anni fino al novembre 1997) insieme al collega del Gambero rosso Marco Sabellico e alla bravissima collaboratrice dell’Austrade a Milano, Lucia Vimercati, vengo invitato (avevo scritto alcuni articoli sugli Aussie wines e l’incontro con una bottiglia del fantasmagorico Penfolds Grange 1985, dono del suo importatore, Angelo Gaja – all’epoca mi considerava ancora, non mi insultava al telefono come ha fatto, dimostrando di stare invecchiando male, un mese orsono…) nella terra dei canguri.
Un’esperienza unforgettable! Il mio inglese all’epoca era ancora peggiore dell’attuale (a scuola ho studiato francese, che parlo splendidamente, e non la lingua di Shakespeare) e per i primi giorni non capivo una parola o quasi di quello che dicevano, nel loro slang terrificante, le persone che incontravo spostandoci da winery a winery da Melbourne a Sidney ad Adelaide.
20 giorni, l’anno prossimo festeggerò i trent’anni da quel viaggio, che restano indelebilmente scolpiti nei miei ricordi. Le visite da Penfolds, Tyrrels, Yalumba, Rosemount, St.Hallett, al Domaine Chandon, a Nine Popes, ecc, il profumo inebriante degli eucalipti, la carne di canguro provata al ristorante, le fragole più buone mangiate in vita mia, lo splendore di Sidney, un bagno nell’acqua freddissima dell’Oceano, i fish and chips mangiati in spiaggia, i colori meravigliosi dei tramonti e delle albe, un gay che in un ristorante stellato di Sidney mi faceva l’occhiolino, nessuna ragazza bella come Megan Gale il cui spot televisivo per Vodafone ci fece sognare, ma tante ragazze obese, un gruppo di ragazze in un wine bar di Adelaide che bevevano come fosse acqua minerale Champagne Krug.… E poi la folgorazione enoica. Un pranzo in un meraviglioso ristorante a Sidney, The Bay, un piatto di capesante o coquilles St.Jacques per dirlo con la lingua della padrona di casa, Madame Humbert, e il primo bicchiere della mia vita del Sauvignon blanc di Cloudy Bay.
Il colpo di fulmine, l’innamoramento folle, la scoperta di un altro modo di concepire il Sauvignon. Niente sentori di peperone verde, niente pipì di gatto, poca foglia di pomodoro, ma sambuco, frutta tropicale, sole nel bicchiere, sale, kiwi. Oh my God what a stunning wine!
Torno in Italia (se non avessi avuto famiglia forse sarei rimasto a Sidney, ma mi aspettavano a casa le mie dolcissime Valentina, la mia fantastica quarantenne figlia copy writer, e la mia adorata ex moglie Eliana) e decido di saperne di più su quel vino. Riesco a procurarmene una bottiglia e ne scrivo, credo nella mia rubrica Vino e dintorni sul mensile mondadoriano Casaviva (che tirava 450 mila copie).
L’anno successivo, sempre con il mio inglese della mutua, nel frattempo ero diventato collaboratore di Harpers (una column insieme al mio amico e maestro, il compianto Nicholas Belfrage) Decanter, The world of fine wine, e volavo spesso a Londra per degustare Barolo, Barbaresco, Brunello di Montalcino, Vino santo toscano, insieme a Nicholas, Andrew Jefford, la cara Jancis Robinson, Margaret Rand, Tim Atkin (quasi tutti Master of wine e celebrità dell’universo del giornalismo del vino inglese) vado a visitare la London Wine Fair .
E chi incontro allo stand di Cloudy Bay? Nientemeno che il winemaker Kevin Judd! Una emozione incredibile, manco Juliette Binoche mi avesse chiesto di uscire con lei a cena bevendo insieme Champagne Amour de Deutz… Mi presento allo stand e riesco a parlare con Kevin. Gli racconto del mio australian wine tour dell’anno precedente, del mio incontro folgorante con il suo Sauvignon blanc a Sidney. Lui mi ascolta incuriosito dal mio racconto, forse divertito dal mio inglese zoppicante, poi mi chiede se qualche vino in particolare mi avesse colpito nei miei assaggi alla wine fair. Io gli rispondo: una serie di Pinot gris dell’Oregon. Lui mi guarda stupefatto e mi dice, “dai, andiamo ad assaggiarli insieme”. Così, tra un tasting e l’altro di questi vini sorprendenti mi confessa di aver piantato come sperimentazione un po’ di Pinot grigio a Cloudy bay.
Morale: rimaniamo in contatto. L’anno successivo mi manda una mail per dirmi che ha creato una sua azienda, Greywacke e che avrebbe fatto un comprehensive tasting dei suoi vini in London entro due settimane.
Io nel frattempo avevo mollato il mio lavoro di bibliotecario (niente più stipendio fisso il 27 di ogni santo mese, la vita precaria del wine writer free lance…) e potevo andare dove e quando volevo senza i vincoli dovuti all’essere un dipendente comunale.
Prenoto il mio volo Ryanair, conto ancora una volta sull’ospitalità della mia amica calabrese, based in London e oggi sposata con un inglese, Giuseppina Andreacchio per lungo tempo segretaria e collaboratrice di Nick Belfrage, e una sera di pioggia, perdendo ovviamente la strada e arrivando in ritardo, raggiungo Kevin e prima del tasting ufficiale assaggio una serie di suoi vini. Poi c’è il tasting vero e proprio e davanti a un Pinot noir di Kevin, fenomenale, da perfetto paraculo gli dico, “Hey Kevin ci hai fatto uno scherzo, hai messo dello Gevrey Chambertin nella bottiglia del tuo Pinot noir, dai, confessalo”!
Lui, molto flatté dalla mia uscita, mi ringrazia, mi chiede il mio biglietto da visita e nel giro di una quindicina di giorni mi arrivano una bottiglia del Pinot noir e una del Sauvignon blanc di Greywacke.
Io quella sera gli avevo chiesto se avesse un importatore italiano e se gli interessasse vendere in Italia. Mi dice di no e che da tempo stava cercando qualcuno che potesse introdurre i suoi vini da noi. Ghe pensi mi esclamo in perfetto milanese tra me e me…
Tornato in Italia chiamo Pietro Pellegrini e gli dico: guarda che ci sono dei vini neozelandesi fantastici, perché non li introduci nella tua gamma?
La faccio breve: lo metto in contatto con Kevin e nel giro di un mese Pellegrini diventa, e lo è ancora, importatore italiano di Greywacke.
Perdiana come sono stato contento di questa scelta! Tornando a bomba, veniamo al mio assaggio del Sauvignon blanc 2024 della cantina di Kevin (che sono riuscito a far invitare in Italia e far parlare durante un Congresso della Assoenologi grazie alla mia amicizia, non ci crederete ma è davvero amicizia, con il Michel Rolland de noantri, alias Riccardo Cotarella).
È stato un assaggio da un lato meraviglioso, perché il vino è stupendo, un capolavoro, e dall’altro una sofferenza, perché ho dovuto lottare, mentre ascoltavo e riascoltavo lo struggente Inno Nazionale della terra dei kiwi, per evitare che le lacrime, tante lacrime di commozione mi cadessero nel bicchiere annacquando il vino…

foto ziliani
Che grande bianco questo Sauvignon blanc, con il suo colore paglierino pallido luminoso, con leggere sfumature verdoline, un naso intrigante, sensuale, erotico quasi, tutto giocato su aromi di sambuco, frutta esotica, kiwi, pesca bianca, sale e pietra…
L’attacco in bocca è caldo e suadente, poi il vino conquista, con andamento quasi da strip tease, via un capo dopo l’altro fino a rimanere come mamma ti ha fatto, il palato lentamente, con eleganza, armonia, giocando su larghezza e grassezza e sulla profondità, grazie a una magnifica acidità che rende il sorso sapido nervoso, sinuoso.
Cari amici miei, se vi fidate del parere di questo vecchio cronista del vino, di questo quasi 69enne dalla lacrima facile, innamorato perso di una Donna, questo è un vino da non perdere, un capolavoro di un protagonista dell’enologia mondiale, quel caro amico (Can I call you friend Kevin?) chiamato Kevin Judd…Chapeau bas
Da bere ascoltando il nuovo Inno nazionale della Nuova Zelanda