Datemi pure del demagogo o del moralista da strapazzo, ma questa riflessione, su Riflesso di vino, la faccio e ve la voglio esternare.
Non parlerò di vino, ma di ristorazione, di ristorazione pluristellata in Italia.
Giorni fa mi trovavo con il mio vecchio amico Andrea F. (ci conosciamo da 50 anni) seduti ai tavolini del famoso bar pasticceria Balzer nel cuore di Bergamo. Tra un ricordo e l’altro dei tempi, eroici, quando facevamo attività politica, a destra, nella sede di via Locatelli di un partito che oggi non esiste più, ma che manca a tanti italiani che non si sentono “fratelli d’Italia”, siamo finiti a parlare di ristoranti.
Andrea sa bene come tanti anni fa, i primi anni Ottanta, per una serie di interviste e incontri fatti per la Gazzetta di Parma dell’indimenticabile Direttore Baldassarre Molossi, io sia stato in larga parte dei più noti ristoranti stellati degli anni Ottanta, da Gualtiero Marchesi a Milano alla Locanda dell’Angelo di Angelo Paracucchi, all’Enoteca Pinchiorri di Firenze a Dal Pescatore di Canneto sull’Oglio, al Bersagliere di Goito, al Villa Mozart di Merano, al Sole di Maleo, fino all’Antica Osteria del Ponte di Cassinetta di Lugagnano.
Andrea mi dice: non sono mai stato al (e qui per motivi che capirete non faccio il nome del locale che mi indica) ristorante X, perché non ci andiamo? So che è un posto bellissimo e mio figlio, che ci ha pranzato con la morosa, me ne ha parlato benissimo, tu lo conosci?
Certo che lo conosco, gli rispondo, ci sono stato più volte con Eliana (la mia adorata ex moglie) e Valentina (nostra figlia) e sono sempre stato in ottimi rapporti con A. & N. (le sigle dei nomi della coppia di proprietari).
Dai, fa Andrea (che ha girato il mondo, è un tombeur de femmes, e ha possibilità economiche molto importanti che io, pensionato da 1600 euro al mese, mi sogno…) Perché non lo contatti e gli chiedi se ci fa un prezzo “da amico” e così ci andiamo?
Io gli dico: “guarda che è un posto da 200 euro almeno vini esclusi” e lui replica: “ma perbacco se siete amici dai primi anni Ottanta, se più volte siete andati a mangiare insieme con le vostre mogli in Trentino al Maso Cantanghel, e in una trattoria deliziosa vicino a Parma, la Luna piena a Traversetolo, ti farà sicuramente un bello sconto, no?
Poco convinto cerco di accontentare Andrea.
Mando via WhatsApp un messaggio al patron del ristorante (ho il suo numero di cellulare da tempo e ogni tanto ci sentiamo) e gli chiedo “un amico vorrebbe venire a cena da te insieme a me: che prezzo, da vecchio amico, ci faresti?”. Lui mi risponde di chiamarlo l’indomani verso le 11. Detto fatto, lo chiamo e qui la prima doccia gelata. Non solo è freddo al telefono e quasi infastidito ma poi mi gela del tutto dicendomi di guardare il sito Internet del ristorante dove sono presentati i due menu degustazione, rispettivamente a 210 e 290 euro. Nessun accenno a “sconti” o trattamenti “da vecchio amico”.
Ora, lo so bene, leggete questo articolo di Italia oggi, che cenare in un “tristellato michelino” non è come andare alla trattoria fuori porta, e che occorre preventivare di cacciare fuori dai 250 ai 400 euro. E che a Parigi, a Londra, Monaco di Baviera, New York godersi un tre stelle costa ancora di più.
Ma “caxxo”, a parte la “stronzaggine” del cosiddetto “amico” che di farci un trattamento di favore non si sognava nemmeno, io mi chiedo (e datemi pure del moralista, demagogo, qualunquista, tanto me ne frego) mi chiedo: “ma è morale, logico, intelligente, giustificato spendere 3-400 euro per una “esperienza sensoriale” seppure raffinatissima, oppure, pensandoci bene, è meglio dire no, grazie?
La risposta, implicita, é molto chiara. Noi ce ne staremo a Bergamo, non andremo di certo dal celebre tristellato locale in provincia di Mantova, (per mangiare dal quale occorre accendere un mutuo) e ripiegheremo, spendendo meno, ma forse godendo di più, dal mio amico Oscar Mazzoleni nel suo Al Carroponte di via De Amicis, oppure a L’Ostricheria di via Sant’Alessandro, dove in giugno ho pranzato due volte, una insieme agli amici di Trimboli wines, godendo, enogastronomicamente parlando, come un riccio e spendendo, la seconda volta che ci sono andato da solo, 100 euro.
Non hanno la stella Michelin sia l’uno che l’altro locale. Mi sorge un amletico dubbio: ma non è che quelli della Michelin sono poco informati e si fossilizzano nel premiare vecchie glorie ai quali accedere è cosa da sceicchi arabi?
Da leggere ascoltando un vecchio successo, un capolavoro di Bruno Lauzi, L’uomo bamba e il grande José Mourinho che in una conferenza stampa indimenticabile il giorno del suo arrivo alla testa dell’Inter del triplete dice esattamente quello che ho pensato dopo aver sentito al telefono del menu a 290 euro, vini esclusi. Io non sono mica un pirla!
Franco Ziliani
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“Inopiae desunt multa, avaritiae omnia.”
(Alla povertà mancano molte cose, all’avarizia tutte.) — Publilio Siro
(Alla povertà mancano molte cose, all’avarizia tutte.) — Publilio Siro
Oggi, lunedì 21 luglio, dopo una splendida visita e degustazione presso Mauro Mascarello a Monchiero, mi sono recata a pranzo con mia figlia a La Morra, presso l’Osteria More e Macine.
Erano circa le 13 e il locale era quasi al completo, frequentato da turisti e appassionati di buona cucina. Chiedo cortesemente un tavolo per due, e mi viene proposto di accomodarmi sulla terrazza. Accetto, ma mi viene specificato che vi erano posti disponibili soltanto al sole, poiché quelli all’ombra erano già prenotati. Un telone copriva solo una parte del terrazzo, lasciando l’area restante esposta alla piena luce del sole.
Mi domando: com’è possibile pranzare all’aperto, alle 13, sotto un sole cocente e con temperature elevate, senza alcun riparo adeguato? È semplicemente inaccettabile. Possibile che non si sia mai pensato di dotare la terrazza di qualche ombrellone, o di apportare piccole modifiche strutturali per migliorare l’accoglienza e permettere a più persone di godere dell’esperienza?
Mi sorge il dubbio che non ci sia reale volontà di migliorare l’offerta: forse si lavora quel tanto che basta, approfittando della posizione privilegiata e della bellezza dei luoghi, incassando comunque somme importanti. Purtroppo, questa mancanza di attenzione per l’ospitalità — che definirei da Far West — sembra ripetersi spesso nei luoghi più rinomati e benestanti.
A meno che non si tratti di difficoltà economiche tali da impedire l’acquisto di qualche semplice ombrellone. In tal caso, porgo le mie più umili scuse.
Ho cortesemente rifiutato quella proposta indecente e, grazie alla Guida Michelin, ho invece pranzato al fresco — e molto bene — a Verduno.
Erano circa le 13 e il locale era quasi al completo, frequentato da turisti e appassionati di buona cucina. Chiedo cortesemente un tavolo per due, e mi viene proposto di accomodarmi sulla terrazza. Accetto, ma mi viene specificato che vi erano posti disponibili soltanto al sole, poiché quelli all’ombra erano già prenotati. Un telone copriva solo una parte del terrazzo, lasciando l’area restante esposta alla piena luce del sole.
Mi domando: com’è possibile pranzare all’aperto, alle 13, sotto un sole cocente e con temperature elevate, senza alcun riparo adeguato? È semplicemente inaccettabile. Possibile che non si sia mai pensato di dotare la terrazza di qualche ombrellone, o di apportare piccole modifiche strutturali per migliorare l’accoglienza e permettere a più persone di godere dell’esperienza?
Mi sorge il dubbio che non ci sia reale volontà di migliorare l’offerta: forse si lavora quel tanto che basta, approfittando della posizione privilegiata e della bellezza dei luoghi, incassando comunque somme importanti. Purtroppo, questa mancanza di attenzione per l’ospitalità — che definirei da Far West — sembra ripetersi spesso nei luoghi più rinomati e benestanti.
A meno che non si tratti di difficoltà economiche tali da impedire l’acquisto di qualche semplice ombrellone. In tal caso, porgo le mie più umili scuse.
Ho cortesemente rifiutato quella proposta indecente e, grazie alla Guida Michelin, ho invece pranzato al fresco — e molto bene — a Verduno.
Io non sono mica una pirla!
Valérie Humbert

Due belle punture, grazie entrambi