Toscana IGT Purple Rose 2019 Castello di Ama Gaiole in Chianti
Non posso assolutamente iniziare a raccontarvi questo vino senza raccontarvi grazie a chi e come ho conosciuto la splendida azienda che lo produce e senza ricordare lo straordinario personaggio che lì mi invitò per la prima volta e che purtroppo, lo abbiamo salutato tutti con grande affetto e commozione, è mancato lo scorso maggio https://www.gazzettinodelchianti.it/san-casciano-v-p/si-e-spento-un-padre-del-vino-chiantigiano-e-non-solo-a-77-anni-diciamo-addio-a-silvano-formigli/
Parlo di Silvano Formigli che nel suo aureo libro Chianti Classico e Figlio di mezzadro ricorda i primi incontri con l’ingegner Cavazza e il suo approdo come Direttore Commerciale, lasciando analogo incarico alla cantina Castelli del Grevepesa alla Fattoria di Ama, ora Castello di Ama.
E l’arrivo nel 1982 dell’enologo bordolese Léon Patrick, direttore ed enologo capo nientemeno che a Mouton Rotschild, come consulente. E da pagina 132 a pagina 143 c’è tutto il racconto della sua esperienza ad Ama, che si concluse nel 1990 per il mancato feeling con la nuova proprietà e la fondazione di quella cosa straordinaria, innovativa, geniale, che fu Selezione Fattorie.
Fu Silvano a invitarmi ad Ama la prima volta, e ricordo ancora la bistecca fiorentina mangiata insieme a lui, forse la più buona mangiata in vita mia, ricordo il palazzo, il bellissimo ampio camino, i saloni alti pieni di quadri.
Poi sono tornato più volte ad Ama e stressi un buon rapporto con la figlia di uno dei nuovi proprietari, Lorenza Sebasti, e con l’enologo interno, che poi sarebbe diventato suo marito, Marco Pallanti
Il Castello di Ama, che oggi conta su qualcosa come 75 ettari di vigne e 40 ettari di oliveti, avvalendosi del lavoro di più di 60 persone ha avuto quale direttore generale ed enologo Marco Pallanti, che ha ricoperto, tra il 2006 e il 2012, la carica di Presidente del Consorzio del Chianti Classico, portando il contributo della creazione della categoria ‘Gran Selezione’ ed è un posto (ci manco da una vita e mezza ahimé – l’ultima volta si discusse di guide dei vini e dell’atteggiamento che le aziende devono avere nei loro confronti, in particolare di una allora molto influente, ricordate Lorenza e Marco? ) di una bellezza unica e ospita addirittura una collezione di arte moderna.
L’azienda è celebrata per il suo Olio Evo (che bbono!), per i suoi Chianti Classico, Chianti classico “normale” e Gran Selezione, per il suo Vin Santo (ricordo un’emozionante wine tasting di 25 Vin Santo a Londra fatto insieme al mio indimenticabile amico e Maestro Nicholas “Nick” Belfrage e alla Regina delle wine writer, Jancis Robinson per The World of Fine wine di cui sono tuttora membro dell’Editorial board dove il Vin Santo di Ama ricevette da noi uno dei punteggi più alti) e per vini innovativi come Chardonnay, il celeberrimo Merlot L’Apparita, il primo Merlot a essere stato prodotto in Toscana, il Pinot nero Il Chiuso, ma a piacciono da morire i vini rosati e allora oggi voglio parlarvi del loro, prodotto dal 1982, che in passato si chiamava Rosato del Toson d’oro e dal 2017 si chiama, il nome inglese è un vezzo (io avrei preferito che avessero mantenuto la vecchia dizione perché trovo un nome inglese su un vino toscano una “bischerata” un po’ snob…), Purple Rose. Il vino nasce nel 2017 con una nuova metodologia vinificando parte del mosto in barriques. È ottenuto dalle migliori vasche di Sangiovese per mezzo di un salasso (saignée) effettuato dopo circa 12 ore di contatto con le bucce.
Non ve la faccio lunga, vi dico solo che aperta a pranzo la bottiglia l’ho finita la sera a cena. Evidentemente pare che mi sia piaciuto… Come la sua bellissima etichetta. Che sono pronto a scommettere piacerebbe alla padrona di casa di questo blog, a Madame Valérie Humbert.

foto Ziliani
Colore melograno – corallo più che buccia di cipolla, sviluppa un ampio bouquet dove predominano le note di ciliegia (tipiche del Sangiovese) erbe aromatiche, cedro candito, lampone, con una bella vena salata e pietrosa.
In bocca è largo, ben strutturato (è un rosato gastronomico, non un rosato da bere in barca – per chi ha la fortuna di averla…), con tannini ben rilevati, una notevole persistenza e una grande piacevolezza.
Io, giocando su abbinamenti un po’ diversi tra loro, l’ho bevuto (e goduto) con speck dell’Alto Adige, salamino piccante napoletano, brezeln tirolese, Fontina.
Il Purple Rose è così buono (mi piacerebbe vederlo in magnum) che si abbina su tutto. Credo sia uno dei migliori rosati italiani. E io di rosati me ne intendo…
Abbinamento musicale: Sinfonia n°2 op 61 di Robert Schumann con i Wiener Philarmoniker diretti dal grandissimo Leonard Bernstein. Un live credo di metà anni Ottanta.






