Come canta splendidamente Francesco Guccini, nella sua Canzone dei dodici mesi
Dopo l’estate porta il dono usato della perplessità, della perplessità
Ti siedi e pensi e ricominci il gioco della tua identità
Come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità, le possibilità”.
“Non so se tutti hanno capito Ottobre la tua grande bellezza
Nei tini grassi come pance piene prepari mosto e ebbrezza, prepari mosto e ebbrezza
Lungo i miei monti, come uccelli tristi fuggono nubi pazze
Lungo i miei monti colorati in rame fumano nubi basse, fumano nubi basse”.
Badate bene, non è un Moscato d’Asti, ma un Piemonte Moscato Doc e si chiama Moscato d’autunno (io ricevo emozioni uniche dalla versione 2024) e lo produce un fortunato signore, Paolo Saracco, che vive e ha cantina in quel di Castiglione Tinella, un posto isolato, tranquillo.
Saracco è uno dei re del Moscato, anzi, diciamolo chiaramente (e che gli altri, pur bravissimi, come Valter Bera, Romano Dogliotti, i Fratelli Rabino, Vajra, Alessandro Boido, non se la prendano…) è il migliore produttore di Moscato sulla piazza.
Ne produce tre versioni, tutte impreziosite da bellissime etichette (ma non dimenticate gli altri suoi vini, dal Pinot nero al Riesling, allo Chardonnay, alla Barbera d’Alba…). Una “base”, una (che meriterebbe un articolo a parte per la sua genesi), e questo fiammeggiante, mahleriano, bruckneriano, trionfante Moscato d’autunno…
Mi ha fatto venire in mente tante cose mentre lo bevevo…
Poesia di un amore profano”
Eliana e Valentina che la cantavano in auto mentre scendevamo in Salento per le nostre vacanze a Porto Cesareo più di 30 anni fa, e poi la mia Sinfonia preferita di Gustav Mahler, la Prima, “Titan” con Leonard Bernstein, il sommo dirigent mahleriano, a guidare i Wiener Philarmoniker
Brividi, lacrime, e tanta gioia perché questo Moscato d’Autunno regala gioia, bellezza, armonia, con la sua polifonica natura, la sua complessità, la sua meraviglia…

foto Ziliani
Abbondante la presa di spuma quando lo stappi e lo versi in un ampio calice, perlage molto fine e subito una distesa di sfumature aromatiche inebrianti: lavanda, salvia, agrumi, pistacchio, pasta di mandorle, la nota “muschiata” tipica dell’uva Moscato, una distesa di fiori di montagna (ovviamente la Val Pusteria dove per anni ho seguito, invitato dal massimo conoscitore di Mahler in Italia, il professor Quirino Principe, la Mahler Woche, la Settimana mahleriana a Toblach…
Una autentica esplosione appena lo porti in bocca, cremoso, avvolgente, fresco, vivo, scattante, con una avvolgenza che ti lascia di sasso e ti emoziona, un gusto che richiama ancora gli agrumi, la meringhe, le mie adorate paste di meliga, croissant, e poi una bellissima nota sapida che dà slancio e ti fa bere bicchiere dopo bicchiere.
Ma diciamolo, perbacco, che questo è il migliore Moscato “d’Asti” che abbia bevuto in vita mia e il re, l’imperatore dei vini base Moscato!
Paolo Saracco scrive sul bel sito Internet aziendale che è “ideale con paste secche, torte di nocciola, fine pasticceria. Stuzzicante aperitivo con frutta fresca. Si abbina bene anche con tipi di cucina a base speziata e con formaggi come il gorgonzola. Da gustare anche nei cocktail”, io me lo sono bevuto su una crostata di grano saraceno con confettura di ribes, ma voi abbinatelo a quello che volete. A qualsiasi cosa l’accosterete farà sempre una splendente figura!
Da bere ascoltando Les Feuilles mortes in questa struggente versione con tanto di orchestra, live nella magica Praga, nel 2017, della cantante e attrìce tedesca Ute Lemper
ascoltate in silenzio…






