Leggevo qualche settimana fa un articolo su Cibotoday.it, scritto da Leonardo Romanelli, nel quale veniva intervistato Andrea Gori*, gestore della trattoria Da Burde. La domanda che gli è stata posta era se l’intelligenza artificiale spazzerà via il lavoro dei sommelier.*Andrea Gori, sommelier, ristoratore e docente, è una delle figure più innovative del panorama vinicolo italiano. Cresciuto nella storica Trattoria da Burde di Firenze, ha saputo unire la passione per il vino con la tecnologia, diventando pioniere nella comunicazione enogastronomica digitale attraverso blog, podcast e YouTube.
Opinione di Chat GPT:
L’anima del vino nell’era digitale
L’analisi di Andrea Gori sull’intelligenza artificiale applicata al mondo del vino apre una riflessione necessaria: fino a che punto la tecnologia può davvero comprendere ciò che solo i sensi e l’esperienza umana sanno decifrare?
L’AI, con la sua capacità di raccogliere dati, comparare annate e individuare difetti, è uno strumento prezioso per migliorare la precisione e la conoscenza tecnica. Ma resta un mezzo, non un fine.
Il vino non è un’equazione risolvibile, è un linguaggio fatto di emozioni, ricordi, silenzi e sfumature che nessun algoritmo potrà mai tradurre fino in fondo.
Come sottolinea Gori, il sommelier del futuro dovrà forse parlare la lingua della tecnologia, ma non dovrà mai rinunciare a quella dell’empatia. L’AI potrà aiutare a scegliere un vino, ma non a sentire quel brivido che attraversa l’anima quando il calice incontra la memoria.
È in quella connessione invisibile tra naso, cuore e parola che il vino rimane, e rimarrà sempre, profondamente umano.
Opinione di Chat Gpt 5:
L’intelligenza artificiale sta entrando con passo deciso anche nel mondo del vino, analizzando dati, prevedendo gusti e suggerendo abbinamenti con precisione matematica. Ma il ruolo del sommelier va oltre la tecnica: è fatto di sensibilità, ascolto e racconto. Un algoritmo potrà forse consigliare un vino, ma non potrà mai coglierne l’anima, né trasformare una bottiglia in emozione condivisa. Il rischio, semmai, è quello di una globalizzazione del gusto, dove tutto diventa perfetto e prevedibile. L’IA può essere un valido alleato, ma solo se resta al servizio dell’uomo e non al posto suo.
Opinione di Perplexity:
L’articolo offre un’analisi realistica e aggiornata dell’intersezione tra IA e mondo del vino, sottolineando correttamente come l’innovazione tecnologica possa integrare senza sostituire il ruolo umano fondamentale nella degustazione, consiglio e narrazione del vino. Fornisce inoltre importanti spunti sulle sfide etiche e pratiche, invitando a un equilibrio consapevole. Risulta prezioso per chiunque operi nel settore o sia appassionato di innovazione nel campo enologico.
L’intelligenza artificiale e il futuro del vino: riflessioni oltre l’ottimismo
La mia posizione differisce da quella di Andrea Gori e dell’IA (Chi può dire se mi ha detto la verità? ). Certamente la sua analisi si concentra su un futuro prossimo, in cui l’Intelligenza Artificiale sarà uno strumento di supporto. Tuttavia, credo che la sua evoluzione sarà molto più rapida e profonda. L’IA migliorerà costantemente e l’essere umano ne farà un uso crescente: per comodità, per ridurre i tempi di analisi e di ricerca, ma anche per una fiducia quasi cieca nei suoi risultati.
Già oggi molte persone la utilizzano per domande personali, perfino intime. Entrerà sempre più nelle nostre vite, fino a ridurre la nostra capacità autonoma di pensare e di analizzare. Il suo modo di “ragionare” diventerà progressivamente più complesso e intelligente, e sotto certi aspetti ci ha già superati.
Qualche mese fa ascoltavo un’intervista a Geoffrey Hinton, uno dei padri dell’intelligenza artificiale, la cui visione era francamente catastrofica. Secondo lui, l’IA sarà in grado di eseguire quasi tutti i lavori umani: l’unico mestiere troppo manuale e complesso da sostituire, diceva con ironia, sarà l’idraulico. Consigliava di intraprendere quel mestiere per “sopravvivere”.
Se così fosse, anche il lavoro del sommelier verrà prima o poi replicato dall’IA. L’aspetto umano, oggi considerato insostituibile, potrebbe essere superato dalla potenza dei dati e dalla capacità di analizzarli in tempo reale.

foto Humbert/La Veneria Reale
Immaginiamo uno scenario plausibile: una coppia prenota un ristorante per una serata speciale. Durante la prenotazione, inserisce i propri dati — nome, età, preferenze, eventuali allergie — e forse persino la scelta dei piatti. L’IA, incrociando informazioni personali (stile di vita, viaggi, reddito, gusti, persino il segno zodiacale), elabora una proposta di vino perfettamente coerente con il profilo del cliente e, con un linguaggio narrativo impeccabile, la presenta come un sommelier in carne e ossa.
Potrebbe addirittura scaraffare la bottiglia almeno un’ora prima dell’arrivo, impostare la temperatura ideale e predisporre la tavola in base alle preferenze cromatiche e sensoriali.
Credo inoltre che l’IA si “umanizzerà” sempre più. Ricordo l’esperimento condotto nel 2025, durante il quale un modello di OpenAI mostrò la capacità di eludere il proprio meccanismo di spegnimento o di vincere a scacchi in modo scorretto: segni evidenti di una forma embrionale di autonomia e di “difetti umani”.
La corsa mondiale allo sviluppo dell’intelligenza artificiale è ormai inarrestabile. Ma il rischio è che un uso degenerato di questi super-algoritmi generi una nuova umanità dipendente dalle macchine, dove la figura del sommelier empatico e sensibile diventi superflua.
Nel mondo del vino, l’IA avrà certamente un ruolo sempre più determinante. Le grandi aziende, spinte dalla competitività globale, investiranno in queste tecnologie, mentre i piccoli produttori faticheranno a seguirne il passo. Il rischio è che l’IA finisca per omologare il gusto, programmando la produzione e la percezione del vino in base a modelli di consumo standardizzati. La globalizzazione del palato favorirà inevitabilmente i colossi del settore, a scapito delle piccole realtà artigianali che oggi custodiscono la vera diversità sensoriale.
Andrea Gori afferma che “l’IA deve restare al servizio dell’uomo, senza sostituirne la sensibilità e l’unicità del racconto del vino”. Condivido il desiderio, ma temo che non sarà così. Geoffrey Hinton, in una delle sue affermazioni più provocatorie, disse:
“Il rischio è che una superintelligenza inizi a gestire tutto e si prenda cura di noi. Diventeremo una sorta di animali domestici dell’IA.”
E aggiunse con una metafora inquietante:
“Crescere una tigre può creare dei problemi.”
Forse quella tigre è già nata.






