Durante un incontro organizzato dalla cattedra Unesco in Borgogna nel 2020, sono rimasta molto interessata e colpita dalla complessa e precisa ricerca della signora Sophie Pérard, dottoressa in etruscologia e studi latini presso la Sorbonne, sul vino degli etruschi e in particolare dalla questione: il vino in Etruria era un prodotto cosmetico? In questo corto elaborato riprendo qualche elemento di questa ricerca semplificandola per agevolare la lettura. (Il riferimento al testo completo si trova alla fine dell’articolo.)*
La civiltà etrusca si sviluppò nel centro della penisola italiana dal VIII secolo a. C. in una dinamica di scambi con le altre culture mediterranee, orientali, in particolare quella dei fenici e dei greci. Ricordiamo che questi ultimi erano i loro vicini, con la fondazione di colonie magno-greche al sud del territorio etrusco. […] Nel mezzo di questi scambi economici e culturali, il vino svolse un ruolo importante per le sue qualità intrinseche: con le sue proprietà psicoattive, era un prodotto indissolubilmente legato alla sfera del sacro e del potere. Essendo un prodotto d’importazione e di lusso, il vino era un indicatore di status, per i vivi come per i morti. La funzione del vino nell’antichità, soprattutto nella cultura etrusca, non si limitava a quella di una bevanda ma anche a quella di un prodotto di eccezione destinato a una funzione d’eccezione: quella di parure e di cosmetica.
[…]Prima di tutto, bisogna precisare che il vino era uno degli elementi che entrava nella composizione dei prodotti cosmetici, e in particolare nei profumi antichi, presso gli etruschi , come in Grecia e a Roma […]. Era successa la stessa cosa in Egitto: il famoso kyphi il profumo preferito di Cleopatra, conteneva, tra gli ingredienti, del vino e dell’uva. […] Secondo varie fonti antiche questo profumo era composto da 16 ingredienti. Gli specialisti riportavano la presenza di zigolo dolce, di bacche di ginepro, di fiori di ginestra, di muschio quercino, di mirra, di nardo, di zafferano, di cannella, di giunco odoroso al profumo di rosa (schoenanthum), di canna odorosa, di seseli, di resina di terebinto, di uva secca senza semi, di miele e di vino. Si evocava anche la presenza dell’henné, del lentisco, della menta e della mimosa.[…]
La situazione era simile per i profumi greci e romani: i profumi contenevano del vino.[…] Il vino aveva un ruolo di stabilizzatore, evitando l’ossidazione del prodotto, volatile, fragile, e minacciato di putrefazione e irrancidimento. Il suo contenuto in alcol, dunque la sua solubilità, lo rendeva un ottimo eccipiente.
[…]Il legame tra il vino, i cosmetici e in particolare i profumi risale già all’Egitto; nelle tombe del Nuovo Regno, pitture funerarie a Tebe mostrano insieme profumi e vini. Sono stati abbinati per gli stessi effetti che producevano: gioia, ebbrezza, perdita dei riferimenti, altrettante sensazioni che assottigliavano il limite tra le sfere umane e divine, tra i vivi e i morti. Nel mondo degli etruschi, possiamo notare che vino e profumi […], sono dei beni di prestigio apprezzati dall’Élite. Penetrarono nella cultura etrusca in modo intenso a partire dal periodo orientalizzante (VIII secolo a. C.).[…] Il profumo sotto la forma d’unguento o di oli profumati in Etruria era in origine un prodotto d’importazione.[…] Inoltre, con l’insediamento dei greci nell’Italia del Sud, il vino italico fu soppiantato con un prodotto d’importazione prestigioso. Gli etruschi adottarono i modi di bere “alla greca”, tra cui il rituale sociale del simposio, in cui il vino e il profumo coesistevano. Sono anzi numerosi le immagini dei banchetti etruschi che giustappongono i due prodotti.
Per esempio, nel sarcofago degli sposi (sarcofago Campana, terra cotta, Cerveteri, ca. 520-510 a. C, museo del Louvre – foto Wikimedia commons), gli sposi non stanno bevendo del vino ma si scambiano dei profumi; non sono coppe che tengono in mano, ma degli alabastri, vasi da profumo di forma oblunga. La sposa presenta nella sua mano sinistra un oggetto rotondo (scomparso), probabilmente un uovo o un melograno, e versa dell’olio profumato sul palmo sinistro aperto (scomparso) del suo sposo. Questo ultimo tiene pure un alabastro nella sua mano destra[…]. Il vino è comunque presente, la coppia riposa su degli otri che contengono probabilmente la preziosa bevanda.[…]
Gli scavi della Grotta Scalina, una tomba straordinaria, situata nelle vicinanze di Viterbo e datata dell’epoca ellenistica, hanno messo alla luce uno strigile posto in una tomba femminile. Le analisi effettuate sull’oggetto hanno evidenziato la presenza di tracce di tessuti umani e di vino. Sembra che il corpo della defunta sia stato unto con del vino prima di essere pulito con lo strigile (foto dello strigile – foto Wikimedia Commons). Ciò significa che il vino acquisisce un valore cosmetico nel contesto funerario (almeno in quel periodo e in quella zona di Tarquinia). L’uso dello strigile indica un’operazione di purificazione con il vino che ha probabilmente preceduto l’unzione con olio profumato. […] In Grecia, lo strigile, strumento riservato agli uomini e agli esercizi in palestra […] entra in un contesto femminile e funerario nella civiltà etrusca. La donna etrusca, a differenza della donna greca, aveva accesso al vino e ai banchetti, chiamati a questo proposito “banchetti etruschi”.[…]
L’uso cosmetico del vino nella cultura etrusca, in particolare in contesto funerario, ci porta a interrogarci sull’immaginario del mondo etrusco, che mette il corpo e la bellezza in un certo rapporto con il mondo.[…] Le società antiche, di cui quella etrusca, si caratterizzavano con una rappresentazione del mondo ossessionato dal discontinuo. C’era la necessità di trovare strategie per evitare di vedere il mondo come caos ma come un kosmos (in greco la parola raggruppa le nozioni di ordine e di bellezza, quindi quelle di universo, che era armonia a partire dei pitagorici).[…]
La fabbricazione del vino, come quella dei profumi e di altri prodotti cosmetici, passa dalla trasformazione e dalla metamorfosi della materia vegetale per sublimarla. Processi complessi sono messi in opera come la spremitura, la macerazione a caldo, l‘enfleurage a freddo, fino alla condensazione e alla distillazione. Questo processo di trasformazione di un prodotto vegetale è analogo a quello della vite e alle varie fasi della vinificazione. Le tecniche e gli strumenti sono gli stessi: raccolta, spremitura, macerazione, aggiunto di spezie o aromi, conservazione…[…] Il prodotto cosmetico, quanto il vino, acquisisce una dimensione pratica nel processo efficace di trasformazione e metamorfosi del corpo, in particolare nell’ambito funerario. In effetti le analogie tra vino e prodotti cosmetici sembrano incarnarsi nella figura di Dioniso-Fufluns. Questo, allo stesso tempo dio e mortale, morto poi resuscitato, giovane o maturo, sembra incarnare tutte le aspirazioni degli etruschi nella loro esperienza del corpo. Era il dio del rinnovo e della rinascita, che prometteva ai suoi devoti e, come tale, Dio del vino. In effetti, i processi di trasformazione di un prodotto vegetale come la vite, con le diverse fasi della vinificazione, hanno potuto essere interpretati in una prospettiva escatologica in relazione con il dio e le sue varie trasformazioni.[…]
Possiamo dedurre che* che vino e oli profumati sarebbero dei veri agenti sociali […], che intervengono in momenti precisi del destino dell’uomo. Sono legati alle sue metamorfosi e in tutte le fasi della trasformazione del corpo, che corrispondono ai cambiamenti di stato (riti di passaggio). […]Vini e prodotti cosmetici con del vino, in quanto prodotti di lusso, non solo segnalano lo status, dei vivi come dei morti, ma li sanzionano, ossia li rendono leciti. Sono in qualche modo dei prodotti attivi e attualizzanti nel campo sociale. L’accoppiamento vino/prodotti cosmetici acquisirebbe tutto il suo senso nell’immaginario etrusco: sono dei prodotti di eccezione, provenienti dalla trasformazione del vegetale, legati a Dioniso-Fufluns, quel dio della metamorfosi e della rigenerazione del corpo nel corso della sua esistenza.Questi prodotti acquisiscono una dimensione pragmatica, che metterebbe in gioco tanto l’azione quanto l’elaborazione simbolica in un sistema che si può qualificare di performativo.
Concludendo, ritornando alla nostra epoca […] esiste una vera tendenza alla presenza del vino nei prodotti cosmetici. Come per esempio il marchio Caudalie (Bordeaux) o Vinésime (Bourgogne, pinot nero di Gevrey-Chambertin))in Francia e in Italia con Beauty Nectar (base di vino Chianti), Stafilé (cosmetici a base di vino Barolo), DiVino (cosmetici con derivati dell’uva rossa), o VitaLake (cosmetici a base di Bardolino Superiore D.O.C.G)… e tanti altri.*
[…] Ad ogni modo, che si tratti di un crus Bordolese o Borgognone oppure di un cosmetico etrusco, si tratta sempre dello stesso immaginario, che si potrebbe riassumere nelle due parole: lusso e rigenerazione o, per dirlo diversamente, la giovinezza e la vita eterna e anche la fortuna.
*Note dal traduttore
Testo tradotto da (Le vin des étrusques: un produit cosmétique? Sophie Pérard.
Pérard Jocelyne, Wolikow Claudine. Vins et raisins, des goûts et des couleurs. Actes des Rencontres du Clos-Vougeot 2020, Dijon, Chaire Unesco Culture et Traditions du Vin, Université de Bourgogne., pp.31-49, 2021, 978-2-918173-32-8). Chapitre d’ouvrage.)