Legón, Ribera del Duero, Premium 2018:
Vi ricordate il film fantasy/horror “Il labirinto del fauno” del 2006 di Guillermo Del Toro, in particolare il manifesto? Un vecchio arco di pietra ricoperto di rami secchi circonda la metà superiore del primo piano. Un albero gigante diviso in due enormi e tortuosi tronchi invade tutto il secondo piano dove una minuscola silhouette di una ragazza vista di dietro sta in piedi.
Qualche tempo fa ordinai via internet un Tempranillo della Bodegas Viňa Vileno, Legón, Ribera del Duero, Premium 2018.Questo vino ha ottenuto risultati importanti: la médaille d’or 2021 al Concours mondial de Bruxelles, 96/100 da Decanter e 94/100 da Wine Enthusiast. L’estate bussando alla porta, cercavo un bel Tempranillo con un rapporto qualità prezzo ragionevole.
Le caratteristiche del Tempranillo:
Appena ricevo la bottiglia noto un dettaglio sull’etichetta: in alto sullo sfondo nero è rappresentata la sagoma dorata di un ceppo di Tempranillo. La forma stilizzata mi colpisce e mi viene subito in mente l’albero ghiribizzoso del film “Il Labirinto del Fauno”. Metto da parte la mia considerazione e mi ripasso le caratteristiche del Tempranillo, prima d’iniziare la degustazione. In genere questo vitigno produce vino con un bouquet fruttato e floreale, vivace e tannico. Con l’affinamento in botti di rovere, il vino offre delle note speziate, di vaniglia, di cioccolato e di tabacco.
La degustazione del Legón:
lI Tempranillo della Bodegas Viňa Vileno è rimasto 20 mesi in barrique di rovere francese e del centro Europa e poi per altri 18 mesi in bottiglia. La sua gradazione alcolica raggiunge i 14,5%. Il terreno composto da ciottoli e di matrice argilloso – calcarea si trova a circa 800 metri slm. Le escursioni termiche tra giorno e notte, l’altezza, il terreno e l’esposizione delle viti conferiscono al vino delle qualità organolettiche complesse e uniche.
Il colore rosso rubino intenso incanta l’occhio. Al naso, il primo impatto è l’intensità dei frutti rossi, della prugna in composta e delle ciliege candite, con qualche odore floreale, come la peonia. Seguono note erbacee, come l’eucalipto e il timo. Al secondo naso, odori di tabacco biondo, di pepe nero e di legno tostato si liberano delicatamente.
L’impatto in bocca inizia con una bella acidità e una trama tannica abbastanza fine e delicata. Acidità e tannini rimangono comunque in equilibrio senza prevalere l’una sull’altro. Il vino accarezza il palato senza irruenza. Procura una gradevole sensazione setosa in bocca. Si conclude in un finale lungo con note salmastre e un retrogusto di frutti rossi sotto spirito. Insomma: un banchetto di odori e di sapori che ricordano la scena più famosa de “Il Labirinto del Fauno”.
Si tratta di quella del banchetto in cui l’uomo pallido siede davanti a un ricco tavolo ricoperto di squisitezze culinarie che Ofelia (la giovane protagonista) non può toccare. L’uomo non la vede perché i suoi bulbi oculari giacciono su un piattino di fronte a lui. Ofelia, aiutata da tre fatine, recupera un pugnale e prima di andarsene non rispetta il divieto di assaggiare le prelibatezze in mostra sul tavolo. A metà strada prende un chicco d’uva poi un secondo, e se li gusta con gran piacere. A quel punto l’uomo pallido si sveglia, inserisce i suoi occhi in una fessura presente nelle sue mani e inizia a scagliarsi contro le tre fate e Ofelia.
Tempranillo e fantasy:
Oltre alla violenza e alla paura, in questa scena troviamo stranamente le tre fasi della degustazione: la vista, l’olfatto e il gusto che i due personaggi usano. Questo momento forte di emozioni ci insegna che la degustazione non si limita unicamente a un lavoro tecnico, con l’uso di termini precisi, ma necessita anche di uno sguardo più profondo sulla vita. Utilizzare i propri bulbi oculari per vedere il mondo con odio e rabbia, come fa l’uomo pallido che divora la carne dei bambini, o con la disobbedienza delle regole e il dono di sé di Ofelia, che gusta e ama, ci apre ad altri mondi, più tetri o più belli.