L’artista danese Wilhem Marstand
Nel 1847 il pittore danese Wilhelm Marstrand dipinse “In un’osteria italiana” durante uno dei suoi viaggi di studio in Italia. Marstrand rimase circa 4 anni in Italia e soggiornò varie volte, durante i mesi estivi, nei paesi collinari di Olevano Romano, Civitella e Subiaco. Era affascinato dall’Italia e dal modo di vivere degli italiani. Ritrasse scene folkloriche con una visione colorata, gioiosa, ironica e romantica.
Nel dipinto dell’osteria romana, due ciumachelle, accompagnate da una carampana assonnata, stanno sedute intorno a una tavola apparecchiata con piatti, posate, olio, aceto, pane, sale e una caraffa di vino rosso quasi vuota. Un piattino con due arance e un piccolo bouquet di margherite gialle e d‘agathea inseriti consapevolmente sul tavolo accennano a simboli come: la fertilità, la sensualità e la bontà d’anima.
La donzella in primo piano, con uno sguardo di tre quarti, indica con la mano destra il banco che ha appena liberato spostando il suo scialle rosso. La seconda ragazza di fronte allo spettatore leva un bicchiere di vino in segno di auguro e d’invito. Come resistere a questa lusinga?
L’amore alla romana
Nel XIX secolo le donne italiane affascinavano gli Europei. Stendahl definì le donne italiane nel suo libro “Dell’amore”:
”Le donne sono belle ed eroiche, nobile e appassionate.”
Si innamorò appassionatamente delle milanesi Angela Pietragrua e Methilde Viscontini Dembowski, della nobildonna senese Giulia Rinieri dé Rocchi e della misteriosa Earline, la sua ultima romanza a Roma.
Scrisse: “Gli italiani amano essere lasciati all’ispirazione del momento, sensibili alla bellezza in tutte le sue forme, passionali… vivono l’amore come una cosa ovvia. La passione in amore è ben nota e accettata in Italia. Nessuno fa l’amore di nascosto e il marito è il miglior amico dell’amante… e ogni uomo deve dedicare tempo e intimità alla propria amante.”
Che il marito sia il miglior amico dell’amante non possiamo confermarlo nella nostra epoca, ma nell’ 800 sembrava essere la normalità.
I vini romani:
Ma ritorniamo al quadro. Quale potrebbe essere il vino dipinto? Quale Doc ?
Castelli Romani? Genazzano? Cesanese di Olevano, Cesanese di Affile, Colli Albani, Colli Lanuvini, Nettuno, il Roma, Tarquinia, Velletri? (Nella provincia di Roma sono prodotte 2 DOCG e 18 Doc).
I vini romani sono (ed erano) maggiormente bianchi con vitigni autoctoni:
Bellone (chiamato Cacchione o Arciprete), Bombino, Malvasia e Trebbiano. I vitigni rossi erano il Cesanese, Nero buono e Sangiovese.
Il nostro pittore soggiornò a Subiaco, ad Olevano Romano e probabilmente il vino rosso dipinto era un Cesanese di Affile. In effetti è l’unico vitigno autoctono a bacca nera di tutto il Lazio.
Che gusto poteva avere il vino nel bicchiere della pischella?
Era un vino rosso rubino con riflessi violacei di buona consistenza. All’olfatto si sentiva una delicatissima nota di sottobosco, con sentori di mora, mirtillo e visciole, oltre che di viola e ginepro. Il gusto era caldo, vellutato, alquanto tannico, morbido.
Questo vino si abbinava con primi piatti al sugo di carne, castrato cotto alla brace, maialino arrosto.
Nel quadro di Marstrans, in alto a destra, si intravedono un cuoco indaffarato vicino alla brace e un ragazzotto che porta due piatti, di cui uno più largo con un pollo arrosto. L’artista riesce a invogliare lo spettatore a partecipare a questo allegro pranzo. La tela, esposta in Danimarca, acquisì una notevole notorietà.
Ma ricordiamoci che a Roma si dice:
“La donna è come la castagna: bella de fora e drento la magagna” oppure “Chi disse donna disse danno.”
Allora caro spettatore ti do un consiglio, rinuncia a quest’invito e continua il tuo cammino.
Degustazione
Produttore Tenimenti Leone*
Pischello, rosso IGP Lazio 2020
Vino biologico
Grado alcolico: 13,5% vol
Uve: Cesane d’Affile: 20%, Merlot: 20% e Syrah: 60%
Vinificato e affinato in acciaio
Occhio: rosso rubino limpido
Al naso: frutti rossi come la ciliege, lampone; erbe mediterranee ( menta, origano) e cipresso, leggere note di rosa e violetta
In bocca: morbido, tannini leggeri e ben integrati, caldo.
Vino di gradevole bevuta.
Finale sula ciliege e sulle spezie: liquirizia e pepe nero.Vino di media persistenza.
Temperatura di servizio 16°C
Produttore Tenimenti Leone*
Roma Capomunni DOC Rosso 2021
Vino biologico
Grado alcolico: 14,5% vol.
Uve: Montepulciano 50%, Syrah 35%, Merlot 15%
Fermentazione e affinamento in acciaio
Occhio: rosso rubino con dei riflessi violacee
Al naso: frutti rossi: ciliegia, fragola; floreale: violetta; speziato: pepe nero e liquirizia. Note tostate : legno bruciato
In bocca: caldo, tannini potenti, fresco. Vino potente con un finale sullo speziato. PAI : 7
Temperatura di servizio 16/18°C.
*Tenimenti Leone: Federico Veronesi è alla guida dell’enocatena Signorvino e di Tenimenti Leone (stessa proprietà ma due entità distinte che collaborano).
All’inizio del XX secolo, la filossera distrusse la maggiore parte dei vigneti nel Lazio. Iniziò l’introduzione di vitigni internazionali come il Syrah e il Merlot. Ma questi vitigni rappresentano l’identità del territorio romano? Nun’ o so.