Monvigliero 2021 Poderi Einaudi un Barolo che incanta…
Inutile che faccia ancora outing o coming out come si suol dire. La mia Nebbiolo, anzi Barolodipendenza è chiara a tutti ormai da decenni. Il Barolo, insieme allo Champagne, è il vino del mio cuore. L’ultimo vino rosso che vorrò bere, come fa il protagonista di un romanzo di Carlo Arpino, a memoria credo si tratti di Passo d’addio, quando i potenti Dei mi diranno che è arrivata l’ora di congedarmi da questa vita…
Sul Barolo ho scritto forse centinaia di articoli. Al Barolo, alle amate Langhe, ho dedicato larga parte della mia attività di cronista del vino, fin da quando – amore a prima vista, folgorazione sulla via di Nebbiolo – arrivai in zona, a La Morra, nel lontano 1982, per intervistare per la Gazzetta di Parma il mitico “cunt” Paolo Cordero di Montezemolo su al Monfalletto con lo stupendo cedro del Libano.
Il Barolo io lo bevo, avendo cura di servirmelo fresco di cantina o dopo una breve permanenza in frigorifero, non solo d’autunno o in inverno, ma me lo godo, anche ora che siamo a metà luglio, e i 30 gradi sono la regola.
E così la sera di lunedì 14 luglio, invece di stappare Champagne come forse sarebbe stato il caso essendo la “nostra” festa nazionale, la “prise de la Bastille”, ho deciso, abbinandolo a una serie di formaggi orobici strepitosi dell‘Antica Cascina di Verdello BG, acquistati sabato al mercato davanti allo stadio di Bergamo ho deciso di stappare una bottiglia importante che avevo nel mirino da un paio di mesi.
Da quando, dopo aver letto sulla Issue Number 87 / 2025 della più bella rivista di vino del mondo, The World of fine wine di cui è editor l’amico Neil Beckett e di cui sono tuttora membro dell’Editorial board, dopo aver collaborato con vari articoli, che nel Wine Tasting di Barolo 2020 Andrew Jefford e i MW Susan Hulme e Michael Palji, avevano decretato il primato e attribuito un punteggio di 94/100 al Monvigliero della Poderi Einaudi, avevo scritto all’azienda fondata dal grande economista liberale e miglior Presidente della Repubblica che abbiamo mai avuto, Luigi Einaudi, chiedendo se fosse possibile riceverne un campione.
La risposta, considerato che in passato non avevo avuto un grande feeling con questa stupenda cantina perché era ed è nell’orbita di un winemaker che non amo particolarmente, Beppe Caviola, lo stesso che cura i vini di un “rinoceronte” e del gruppo di Dolcettisti doglianeschi che comprende Orlando Pecchenino e la figlia di quel grandissimo giornalista che è stato Giorgio Bocca, mi ha stupefatto.
Il responsabile, Matteo Sardagna, figlio di Paola Einaudi, mi rispose affermativamente dicendomi che mi avrebbe mandato, insieme al loro Verduno Pelaverga, l’annata 2021 e non la 2020, esaurita, del loro Monvigliero.

foto Ziliani / Matteo Sardagna
E qui apro una piccola parentesi, ricordando che pur con tutto l’amore che ho per tanti altri cru o Mga di Barolo, dal Cannubi al Vigna Rionda, al Falletto, al Villero al Vignolo, al Cerequio, al La Serra, al Prapò, Torriglione, Sarmassa, ecc, i miei Barolo del cuore vengono da due vigne in particolare: il Monprivato a Castiglione Falletto (reso immortale, sacro, sensazionale, unico e inimitabile da Mauro e prima ancora da suo padre Gepin Mascarello) e il Monvigliero a Verduno.
Sul Barolo Monvigliero ho un’antica consuetudine e un amore sperticato con e per quello del mio amico Fabio Alessandria, alias Comm. G.B.Burlotto e con quello di Vittore Alessandria che ho celebrato in aprile in questo articolo (degustazioni zilianesche n.25). Non bevo da tempo quello di Giovanni Sordo.
Pensavo che questo cru meraviglioso, storicamente riconosciuto come il cru più importante di Verduno e uno fra i più prestigiosi dell’intera zona di produzione del Barolo, dal terreno limoso, con presenza di Marne di Sant’Agata laminate ed esposizione a sud/sud-ovest, non avesse quasi più segreti per me. Invece…
Invece questo Barolo Monvigliero della Poderi Einaudi, prodotto per la prima volta con l’annata 2018, mi ha incantato con una voce da sirena, mi ha raccontato storie fiabesche inedite e affascinanti.

foto ziliani
Versato nell’ampio spettacolare calice Winewings di Riedel (gentile omaggio della dolce Rossana Gaja) mi si è elegantemente e dolcemente offerto con uno struggente colore rubino granato luminoso splendente.
Il naso subito mi ha portato su nel cielo dei Grandi Vini, di quelli che ti resteranno impressi indelebilmente finché campi, inconfondibilmente nebbioloso e “monviglieresco”, tutto giocato su note di rosa, iris, rosmarino, lampone, cacao, una sfumatura che richiama l’anguria, la caramella al gusto di ratafià (e qui parte la musica di Paolo Conte) e terra terra terra…
“Calato” in bocca il vino mi ha conquistato come una calda carezza, tannini soffici e vellutati, un frutto succoso, fresco e vivo, si allarga progressivamente con una danza sensuale, una javanaise (Madeleine Peyroux je vous adore! ) e un vero “canto della terra” di mahleriana struggenza.
Ma diciamolo, boja fauss, che dovevo arrivare all’alba del miei 69 anni (il prossimo 23 settembre) per innamorarmi di nuovo (di Elle…) e per imbattermi, dopo tanti e tanti e tanti Barolo, in uno dei migliori che abbia mai bevuto!
Un sogno chiamato Monvigliero, una realtà, intrigante, entusiasmante, emozionante, chiamata BAROLO…
Chapeau Monsù Sardagna…
Abbinamento musicale:
Mozart Rondò allegro assai del Concerto per pianoforte e orchestra n°20 K 466 al pianoforte la divina Hélène Grimaud con la Camerata Salzburg