Non ci si bagna due volte nella stessa acqua, diceva Eraclito, e io non potrò sentire nuovamente sul mio corpo di quasi 69enne il freddo tonificante dell’acqua dell’Oceano in quel novembre 1996 a Sidney in Australia, né quello del Mar Ionio a Cirò marina oppure, sulla costa opposta, a Porto Cesareo, dove con le mie adorate Eliana (ex moglie) e Valentina, 40 enne nostra figlia, bravissima copy writer, passai quattro estate ospite dell’indimenticabile Cosimo Taurino, king of Salice Salentino.
E non potrò nemmeno bagnarmi nell’acqua di Civitanova Marche, dove, avevo meno di dieci anni, forse otto, con mamma Eleonora e il mio adorato papà Giambattista, andavo in vacanza e il cuoco del piccolo Hotel Svizzera prendeva l’acqua dal mare per cuocere gli spaghetti perché fossero più saporiti e dalla sabbia sbucavano gli squisiti cannolicchi…
Quest’anno niente “estate al mare” (ricordate la canzone di Giuni Russo? ) e quindi il mio tuffo ho deciso di farlo in un grande vino bianco francese, selezionato con la consueta intelligenza e capacità rabdomantica di pescare gioielli di Umberto Cosmo, alias Bellenda distribuzione, che importa gli Champagne della Maison Coulon e di Etienne Oudart (ne leggerete spesso la narrazione di due magnifiche cuvées) e vini, il Vouvray sec di Damien Pinon a Vernou sur Brenne ) che ottiene vini meravigliosi da vigne di un’età media di 30 anni poste su un suolo argilloso-calcareo esaltando le potenzialità infinite di un cépage super come lo Chenin.
E così, non potendo farlo nel mare, mi sono tuffato, perdonate il gioco di parole, nel Tuffo 2023 un Vouvray secco ottenuto al 100% da uve Chenin Blanc da vigneti di 30-40 anni, coltivati su suoli argillo-calcarei su roccia calcarea risalente a circa 90 milioni di anni fa.
La vinificazione è molto semplice: dopo la pressatura soffice e la fermentazione a 14°C con lieviti indigeni in acciaio inox, il vino matura per 4 mesi su lieviti fini in vasche termo-regolate. Viene imbottigliato in primavera.
Il nome è un simpatico jeu de mots con i suoli tufacei (tuffeau) ed il vino arriva davvero da un terroir unique.
Tenendo come sottofondo una delle canzoni che amo di più, sognando di essere tra una decina di giorni avec Elle, la femme dont je suis tombé amoureux, en Bretagne, et en mangeant huitres et buvant un bon Muscadet de Maine et Sèvre ovvero La Mer di quello straordinario chansonnier che è stato Charles Trenet
ho degustato, anzi bevuto, jusqu’à la dernière goutte du vin…

foto Ziliani
Colore paglierino pallido, brillante, luminoso, naso freschissimo, vivo, teso, salato, agrumato, con sfumature di selce e calcare
e poi fiori bianchi, fieno, miele d’acacia, biancospino.
La bocca è parimenti freschissima, sinuosa, verticale, sapida e il vino si allunga progressivamente con grande finezza ed eleganza (l’eleganza irresistibile di certe donne francesi come Juliette Binoche, Hélène Grimaud e V.H. ) con un’acidità profonda, nervoso scattante come Tadej Pogačar quando si alza sui pedali sulle salite del Tour de France e dice agli altri ciclisti “ci vediamo all’arrivo, belli!”,
Il corretto abbinamento di questo vino sarebbe stato a ostriche, gamberi rossi, aragosta, un bel branzino al sale, saraghi, ma io che sono un proletario, ma di destra, l’ho abbinato, con successo a una porchetta toscana e a dello squisito lardo di Arnad.
E adesso, caro Umberto, vorrei, anzi esigo, assaggiare gli altri vini di Pinon: il Vouvray Moulleux ed il Vouvray méthode Traditionnelle… Guarda che ci conto!
Uno Vouvray da tuffarcisi dentro, da bere ascoltando anche questa meravigliosa versione de La Mer di Tatiana Eva-Marie e la Avalon Jazz Band