Metodo classico Dosage Zero Rosé Ceppo 326 Pasini San Giovanni
Ho deciso: sul mio prossimo biglietto da visita, accanto a nome e cognome, numero di cellulare, l’indirizzo del mio …nuovo wine blog che si chiamerà (top secret il nome per il momento… ) scriverò non giornalista o wine writer, bensì “eno-rabdomante“. Siete sorpresi? Allora vi sfugge un’evidenza, ovvero che se mi avete seguito sui vari giornali su carta e su Internet cui ho collaborato (per rinfrescarvi la memoria leggete qui e inchinatevi https://en. wikipedia.org/wiki/Franco_ Ziliani) vi parrà chiarissimo che se avete scoperto un sacco di vini che non conoscevate grazie a me.
Sono davvero un eno-rabdomante… Troppo facile scrivere del solito Gaja (che palle, che noia!) di Antinori, Braccobaldi, Banfi (do you remember Brunellopoli? https://en. wikipedia.org/wiki/ Brunellopoli), provate voi a scrivere di piccoli vignaioli che nessuno o quasi si fila e far capire alla gente che vale la pena puntare su di loro e aiutarli a continuare il loro umile e faticoso lavoro quotidiano di servitori della terra e della sua verità che si fa vino…
Tanti i produttori e i vini che ho contribuito a far conoscere, che ho portato alla notorietà (ovviamente senza chiedere nulla in cambio, non sono mica il teorico del vino frutto che frutta… soldi o un guidaiolo con il pelo sullo stomaco).
E tanti i vini che ho contribuito a far conoscere, di cui ho raccontato il valore.
Uno di questi, è una “bollicina” metodo classico (a me gli Charmat tipo Prosecco fanno venire l’orticaria e l’orchite) che viene da una zona a me cara, la sponda bresciana del mirabellissimo (aggettivo breriano) Lago di Garda, da una bella cantina posta a Raffa di Puegnago (a metà strada tra Desenzano e Salò).
La Cantina Pasini San Giovanni che merita attenzione per i suoi rosati (vini rosa li chiamano loro), per i rossi in larga parte base Groppello, il vitigno identitario della zona, la Valtènesi e per i vini bianchi base Turbiana, i Lugana, tra i quali il migliore, secondo me è un vino dal nome che mi scatena desideri poco innocenti, il Busocaldo .
Poi ci sono l’ottimo olio extravergine di oliva (gli oli gardesani hanno una finezza e una fragranza uniche) e gli “spumanti”, ovviamente metodo classico
Sono tre e tutti buonissimi, esemplari, l’Ottantuno Lugana Brut, il Centopercento e il vino “del mio privilegio”, per dirla con Veronelli (siamo tutti figli di Gino noi che scriviamo di vino, come ho raccontato qui tra una lacrima e l’altra) il 326 Rosé .
Non lo so, non ricordo, non ho ben capito se nell’uvaggio oltre al Groppello ci sia anche una piccola parte di Erbamat (un’uva che figura anche nel disciplinare del Franciacorta Docg) ma chi se ne frega, il vino è stupendo!
Da “eno-rabdomante” rivendico di essere stato il primo o tra i primissimi a scriverne sul mio compianto blog bollicinaro Lemillebolleblog (scomparso come pure Vino al vino e il mio primo sito Internet, Wine Report). Fu nel corso di una visita alla cantina, dal fascinoso (la sua compagna non gradisce lo si dica ma ha lo physique du rôle e la storia di un vero tombeur de femmes) Paolo Pasini, in compagnia di una broker polacca nata a Varsavia ma residente a Bergamo con cui ebbi una liaison veramente dangereuse durata anni otto, e di una importatrice sempre nata nella patria di Chopin, Dorota Madeiska della società Rollmex, che assaggiamo il Ceppo 326 e ne rimanemmo impressionati.
Elzbieta (il nome della elegante broker polacca, che di vino ne capiva davvero tanto, soprattutto di bollicine e rosati, peccato che non amasse i “cervone” (vino rosso nella lingua del mio adorato pianista Krystian Zimerman) che già aveva introdotto i vini di Pasini, tentò di far inserire nella gamma dei vini che i varsoviti potevano gustare, ma il numero ridotto di bottiglie prodotte, non lo consentì.
Ma il vostro “eno-rabdomante”, puntualmente e con la consueta precisione e competenza (la modestia è dei mediocri e io sono di essere molto bravo…) ne scrisse su Lemillebolleblog e lo fece conoscere all’universo mondo (vero Paolo?).
Ad anni di distanza, venerdì 10 luglio, recandomi a cena con il mio vecchio amico Andrea Farhat (ci conosciamo da solo anni cinquanta e nel 1980 andammo insieme da Bergamo con la sua Golf bianca a Sofia e poi a Varna sul Mar Nero attraversando tutta la ex Jugoslavia) da un altro amico, un “fenomeno” che conosco “solo” dal 1987, ovvero Gianni Briarava, chef e patron dapprima della Trattoria alle Rose, poi della Locanda del Benaco con suo figlio Federico e la sua dolcissima moglie Cristina (ti voglio bene Cristina, lo sai bene perché…) mangiando splendidissimamente piatti a base di pesce di mare (e non di lago) ho voluto celebrare il nostro incontro (l’ultima volta ci ero stato sette anni fa con un’altra “morosa” straniera, un ex modella di Christian Dior, parigina, alta quasi uno e novanta, diciamo molto birichina nell’intimità, a nome Claire), scegliendo dalla bella carta dei vini, insieme allo splendente Champagne Extra Brut di Christian Gosset, proprio il Ceppo 326 di Paolo Pasini.

foto Ziliani
E ancora una volta ho avuto la conferma che di vino ne capisco eccome visto che il vino, tiratura marzo 2022, sboccatura gennaio di quest’anno, all’assaggio del luglio 2025 si è confermato da standing ovation.
Colore rame, buccia di cipolla, tramonto in riva al mare in compagnia di Elle, in Normandia, mangiando huîtres e bevendo Muscadet de Maine et Sèvre, magari questo perlage finissimo, meraviglioso nel calice prezioso in cui Federico Briarava ce lo ha servito.
Aroma inebriante di agrumi, sale, note appena accennate di mandorla e poi piccoli frutti rossi…
Largo e profondo al gusto, con verticalità e nerbo croccante, acidità ben bilanciata, perfetta coerenza naso bocca, piacevolezza estrema, capacità di farsi bere assoluta.
Insomma, boia fauss, un grande rosé metodo classico, uno che in degustazione alla cieca metterebbe dietro fiori di Franciacorta, Trento Doc, Alta Langa e forse, dico forse, anche qualche Champagne.
Il vostro eno-rabdomante ancora una volta ci ha visto giusto.
Chapeau Paolo!
Da bere ascoltando la suprema, divina, meravigliosa Héléne Grimaud che suona e mi fa sognare la Ciaccona in D minor BWV 1004 di Bach, nella revisione di Busoni