Il piccolo salone del vino si è appena concluso questo week-end presso il Museo del Risorgimento a Torino.
La “location”, maestosa ed emblematica di un Italia unità, offriva al visitatore la possibilità di provare, con lo scambio di qualche “token”, un bicchiere di vino. Erano presenti circa una settantina produttori, la maggiore parte provenienti dal Piemonte, di cui una fetta è stata scelta dal Gambero Rosso. I collaboratori di quest’evento sono infatti il Gambero Rosso, GoWine, Fisar, Eataly e DocTorino. Questo piccolo intermezzo vinicolo ha permesso al visitatore di scappare dalla corsa frenetica di questi giorni per i regali natalizi e gli ha permesso di conoscere qualche produttore piemontese meno noto.
Mea culpa per tutti produttori presenti, ma ho assaggiato solo dodici bicchieri e mi sono concentrata su tre produttori a mio avviso interessanti.
Il primo è Isolabella della Croce, un’azienda viticola localizzata nel piccolo paese di Loazzolo in provincia di Asti. Mi sono soffermata sul loro pinot nero, l’enfant terrible dei vitigni, e per badare a questo vitigno l’azienda ha sperimentato varie strategie.
Hanno piantato per il Vigneto La Vela 11000 barbatelle a ettaro, significa più del doppio di un vigneto considerato intensivo (Au Clos de Vougeot, in Borgogna, i ceppi sono 9000 a ettaro), e 6000 ceppi a ettaro per il primo impianto. La vigna ha 15 anni, la sua posizione è est ovest, e si trova a circa a 500 metri slm, quest’altitudine permette al vitigno di beneficiare di una buona escursione termica necessaria per il pinot nero.
L’affinamento è di 18/24 mesi in barriques di secondo e terzo passaggio seguiti da 18 mesi in bottiglia. L’azienda ha anche puntato su una nuova tecnologia : vinooxygen, un nuovo sistema brevettato che permette, oltre a altri vantaggi, di tenere ed ampliare i composti aromatici nel vino.
Il giovane ragazzo dello stand spiegava con verve e di entusiasmo tutto il lavoro e la cura operata per questo vino.
La degustazione del Bricco del Falco anno 2017, un piemonte Doc, è stata simpatica e gradevole. Purtroppo il vino nel bicchiere era un po’ freddo (lo spazio non era riscaldato o poco). Ho ritrovato all’esame visivo il colore tipico del pinot nero, un rosso rubino abbastanza chiaro. Riscaldando il bicchiere con le mani, il vino man a mano si è aperto offrendo un ‘ampia gamma di profumi di frutti rossi. Non si tratta di frutti maturi, ma di frutti rossi ancora giovani quasi croccanti in bocca: la ciliegia domina. Il vino ha veramente questo pregio, la sua nota avvolgente di frutta carica di sole. Si sente anche qualche nota floreale delicata di rosa e di spezia: pepe appena tostato. In bocca si percepisce un’untuosità avvolgente e l’acidità e i tannini si equilibrano armoniosamente fra di loro. Nessun tassello mancante. Un bel pinot nero che evolverà sicuramente bene. Sono molto curiosa di riscoprirlo fra qualche anno.
Ho voluto anche degustare il Riesling della stessa azienda. La gamma dei suoi profumi è veramente larga, si notano immediatamente tutte le caratteristiche del vitigno: frutta e fiori bianchi come la pesca, l’albicocca, la camomilla, il gelsomino e naturalmente un punto appena percettibile di cherosene. È morbido, fresco, fruttato. Una bella rotondità in bocca, ma non ha la mineralità e la sapidità dei Riesling alsaziani. Nutro comunque un bel rispetto per questo lavoro, inoltre il ragazzo presente allo stand aveva lavorato pressola cantine du Roi Dagobert a Strasbourg in Francia dove vado ogni tanto a comprare qualche chicca.
Il secondo vino viene dal Molise, da Tenute Martarosa della famiglia Travaglini a Campomarino in provincia di Campo Basso. Non ho degustato il Moscato, e il Fiano Doc, vini premiati. Ho preferito assaggiare solo il Tintilia. Si tratta di un antico vitigno autoctono molisano. Sono rimasta gradevolmente sorpresa. Il colore è di un rosso rubino con dei riflessi violacei. Al naso, si sviluppano dei bei aromi di frutti rossi ben maturi come la prugna e la ciliegia (Marasca), cui segue una bella freschezza, ampliata con dei profumi balsamici di ginestra ed eucalipto. In bocca i tannini sono ben presenti ma rimangono rotondi ed eleganti. Rimane in bocca una bella persistenza. Il vino si adegua bene ai piatti di carne rossa e ai formaggi erborizzati. Io lo propongo invece con un formaggio dell‘abbazia di Cîteaux in Borgogna, dal delicato gusto floreale, anziché abbinarlo con un Chambole-Musigny. Perché no? È un abbinamento più che improbabile ma intrigante.
Concludo con un’azienda piemontese, la tenuta La Meridiana di Federico Primo a Montegrosso d’Asti. I vitigni crescono su terreni caratterizzati da marna con strati d’argilla e tufo: ottimi per il Barbera. Tra le varie tipologie proposte, ho assaggiato “tra la Terra il Cielo”. Ha tutte le caratteristiche del Barbera: colore rosso rubino, gusto fruttato intenso, tannini ben presenti e acidità ben equilibrata. Ma la mia scelta un po’ da Bastian Contrario si è fermata sullo spumante Brut “Le Quattro Terre” metodo Charmat/Martinotti con Chardonnay e Nebbiolo. L’idea di miscelare due vitigni molto diversi, uno a bacca bianca e uno a bacca rossa mi intrigava. Il risultato: uno spumante di colore giallo paglierino molto tenue con dei riflessi verdolini, bollicine abbastanza fini e profumi di fiori bianchi freschi. Non ho sentito note di frutti rossi che avrebbe potuto regalare la presenza del Nebbiolo. Si beve comunque con piacere. Uno spumante semplice, immediato e fresco per esaltare un aperitivo leggero o un piatto di pesce. L’azienda lo propone anche come base per cocktail, allora anziché destinarlo allo Spritz, consiglio di usarlo per un bel Kir Royale con un decimo circa di liquore di more (meglio del liquore di cassis per questo vino) e d’immergere il resto del bicchiere nello spumante. Santé!
Salute!