L’occhio:
Uno champagne, fin dalla prima fase di degustazione, ci costringe a tenere conto di un elemento in più; la spuma, che già dà indicazioni sulla qualità dello spumante. Una spuma persistente e compatta costituisce da subito una garanzia di qualità. Quando scompare, deve lasciare un segno sul bordo del bicchiere: la presenza di questo “cordone” di spuma, se è persistente, è un elemento importante.
Le bolle devono essere presenti in gran numero, ma la forma e la qualità del bicchiere sono fondamentali su questo punto, perché la bollicina è rivelata dai difetti microscopici del bicchiere! Uno Champagne di qualità offre alla vista bollicine fini, di dimensioni omogenee, che emergono con regolarità producendo “camini”, cioè alzate verticali.
Al naso:
Ogni vitigno porta le sue caratteristiche, più o meno evidenti secondo il grado di evoluzione. In uno Champagne giovane, lo Chardonnay dona freschezza, mineralità e note aggrumate segnate dal pompelmo, limone; il pinot nero sprigiona aromi di frutti rossi in genere, con delle note di lampone, ciliegia, viola;il pinot Meunier sprigiona noti di frutti bianchi, soprattutto pesche e mele e banana.In uno Champagne evoluto, i segni del tempo danno maturità al vino, offrendogli maggiore complessità. Le noti di miele e di viennoiserie (brioche, croissant) provengono dallo Chardonnay, quelli di pangrattato, pane tostato e burro fuso da due Pinot.
Nel complesso, lo champagne giovane presenta un naso leggero, pieno di freschezza e mineralità, uno champagne più vecchio seduce per la sua complessità e il suo lato accattivante.
In bocca:
La bocca è segnata, ovviamente, dalla presenza di gas, che si aggiunge al volume. In un grande champagne, invece, il gas non domina mai, è la consistenza che si svela, una effervescenza troppo marcata crea l’effetto sgradevole di un vino dissociato.
Nello champagne giovane l’attacco è dato dallo Chardonnay che rimane ben riconoscibile, perché il tempo non ha ancora permesso ai diversi vitigni di fondersi completamente.
Il pinot meunier, che evolve rapidamente, si riconosce proprio per questo carattere che lo distingue dagli altri due vitigni. La persistenza in bocca è assicurata dal pinot nero, e la freschezza finale è da attribuire allo Chardonnay. Il corpo del vino si basa quindi sulla vinosità dei due Pinot e sull’acidità carbonica. Il PAI è di circa 6.
Nello champagne evoluto il palato è sempre franco e perfino dissetante, ma l’effervescenza del gas si è indebolito dal tempo. La bollicina ha acquisito un aspetto carezzevole molto gradevole, che contribuisce all’equilibrio generale. Il finale è un po’ più lungo, in quanto gli elementi si sono concentrati nel tempo, arrivando a circa 7 di PAI. I sapori, al palato, riprendono le impressioni olfattive: note floreali e minerali, profumo di agrumi nello champagne giovane, frutta secca grigliata, discrete note di funghi nello champagne evoluto.
Testo tratto dal libro di Philippe Faure-Brac, miglior sommelier del mondo nel 1992.
“Comment goûter un vin”. Edition du Chêne. 2008.
Uno champagne, fin dalla prima fase di degustazione, ci costringe a tenere conto di un elemento in più; la spuma, che già dà indicazioni sulla qualità dello spumante. Una spuma persistente e compatta costituisce da subito una garanzia di qualità. Quando scompare, deve lasciare un segno sul bordo del bicchiere: la presenza di questo “cordone” di spuma, se è persistente, è un elemento importante.
Le bolle devono essere presenti in gran numero, ma la forma e la qualità del bicchiere sono fondamentali su questo punto, perché la bollicina è rivelata dai difetti microscopici del bicchiere! Uno Champagne di qualità offre alla vista bollicine fini, di dimensioni omogenee, che emergono con regolarità producendo “camini”, cioè alzate verticali.
Al naso:
Ogni vitigno porta le sue caratteristiche, più o meno evidenti secondo il grado di evoluzione. In uno Champagne giovane, lo Chardonnay dona freschezza, mineralità e note aggrumate segnate dal pompelmo, limone; il pinot nero sprigiona aromi di frutti rossi in genere, con delle note di lampone, ciliegia, viola;il pinot Meunier sprigiona noti di frutti bianchi, soprattutto pesche e mele e banana.In uno Champagne evoluto, i segni del tempo danno maturità al vino, offrendogli maggiore complessità. Le noti di miele e di viennoiserie (brioche, croissant) provengono dallo Chardonnay, quelli di pangrattato, pane tostato e burro fuso da due Pinot.
Nel complesso, lo champagne giovane presenta un naso leggero, pieno di freschezza e mineralità, uno champagne più vecchio seduce per la sua complessità e il suo lato accattivante.
In bocca:
La bocca è segnata, ovviamente, dalla presenza di gas, che si aggiunge al volume. In un grande champagne, invece, il gas non domina mai, è la consistenza che si svela, una effervescenza troppo marcata crea l’effetto sgradevole di un vino dissociato.
Nello champagne giovane l’attacco è dato dallo Chardonnay che rimane ben riconoscibile, perché il tempo non ha ancora permesso ai diversi vitigni di fondersi completamente.
Il pinot meunier, che evolve rapidamente, si riconosce proprio per questo carattere che lo distingue dagli altri due vitigni. La persistenza in bocca è assicurata dal pinot nero, e la freschezza finale è da attribuire allo Chardonnay. Il corpo del vino si basa quindi sulla vinosità dei due Pinot e sull’acidità carbonica. Il PAI è di circa 6.
Nello champagne evoluto il palato è sempre franco e perfino dissetante, ma l’effervescenza del gas si è indebolito dal tempo. La bollicina ha acquisito un aspetto carezzevole molto gradevole, che contribuisce all’equilibrio generale. Il finale è un po’ più lungo, in quanto gli elementi si sono concentrati nel tempo, arrivando a circa 7 di PAI. I sapori, al palato, riprendono le impressioni olfattive: note floreali e minerali, profumo di agrumi nello champagne giovane, frutta secca grigliata, discrete note di funghi nello champagne evoluto.
Testo tratto dal libro di Philippe Faure-Brac, miglior sommelier del mondo nel 1992.
“Comment goûter un vin”. Edition du Chêne. 2008.