Il vino marocchino:
Qualche settimana fa, visitando il Marocco, la città di Fez, cercavo un luogo rilassante e magico per passare una bella serata con delle amiche. Una giornata passata nella gigantesca e labirintica Medina, in mezzo a tappetti, borse, oggetti in rame, spezie, odori forti di pellame, curcuma, fognatura e rose, ti invoglia alla fine a cercare un luogo di pace e di bellezza.

hammam fez
Avevo già trascorso due ore in un Hammam per distogliermi dalla polvere, la sporcizia e lo stress. E confesso che questa esperienza mi regalò quasi il paradiso (o qualunque luogo o stato d’immensa felicità). Ma mancava qualcosa di speciale per concludere la giornata. Mi ero limitata durante il mio soggiorno a consumare acqua, spremute di arance e tè alla menta. Cercavo ormai un po’ di ebbrezza, quella leggera, salubre, che salda l’amicizia e lenisce il cuore. Certo la voglia di vino in un paese in cui l’alcol è proibito per osservanza religiosa non è tanto opportuna, anche se il Marocco è sempre stata una terra di vino, fin dall’antichità con l’occupazione romana del Nord Africa. Gli antichi mosaici di Volubilis sono lì per ricordarci la presenza di Bacco su questa terra. Vicino a questo sito archeologico si concentra ancora oggi il 60% della produzione vinicola marocchina. Attualmente, ci sono una dozzina di grandi aziende vinicole in tutto il paese e Meknes è al primo posto in questa zona.
Il Riad, il vino e la musica:

Kassr Annoujoum
Con il GPS acceso, io e le mie amiche ci siamo avventurate nei meandri della Medina di sera per raggiungere un Riad da favola: Kassr Annoujoum. L’avevamo visitato col sole il giorno prima e ci aveva incantate per la sua bellezza. Arrivate sul posto, un cameriere ci indicò gentilmente una tavola vicino alla vasca nel centro del cortile. La temperatura esterna era gradevole, la luce era soffusa e due giovani e bei musicisti vestiti di nero suonavano con la chitarra musica arabo andalusa. Affamate, ordinammo degli antipasti marocchini: briouats e zaalouk e una bottiglia di Toulal Prestige della cantina Les Celliers de Meknes. (È il leader del vino marocchino con l’85% della produzione nazionale. Creato da Brahim Zniber nel 1964, il gruppo gestisce 2.000 ettari. Situato nel nord est del Marocco, vicino alla città imperiale di Meknes, ai piedi delle montagne dell’Atlante, il vitigno beneficia di terreni argillosi-calcarei, un’altitudine che varia dai 550 ai 700 metri, e un clima secco e soleggiato favorevole alla viticoltura. L’azienda produce il vino più famoso, il Gerrouane, ma anche l’AOC Coteaux de l’Atlas, la denominazione più famosa del paese, di cui Les Celliers de Meknes sono gli stessi creatori.)
Con delicatezza e discrezione i camerieri aprirono la bottiglia di Toulal, riaccendendo la candela spenta dal vento posizionata nel mezzo del tavolo di vetro trasparente. Ci servirono questa scura bevanda in una flûte di Champagne. Sono rimasta un po’ stupita ma confesso che è stato sorprendente e divino. Era come bere dell’ambrosia con gli dei dell’olimpo. E perché non bere del rosso in una flûte di Champagne? Così i profumi arrivano direttamente al naso.
La degustazione del Toulal Prestige al lume di candele:
Il Toulal è un blend di Merlot, Carignan e Cabernet Sauvignon. Di coloro rosso scuro (il lume di candela non permette una buona visione), ha delle note di frutti rossi e neri molto maturi, peperone rosso, spezie tostate. Il vino è abbastanza strutturato, morbido e di media persistenza. Si abbina perfettamente con la cucina marocchina.
Avicenna e il vino
Mi ha ricordato Avicenna, (980-1037), il famoso medico, fisico, scienziato e filosofo persiano considerato “il padre della medicina moderna”. Nel suo libro “Il canone della medicina”, anche conosciuto come Qanun, egli consiglia il consumo di vino per guarire certi mali. Scrisse a proposito del vino:“ E’ nutriente, aumenta l’appetito ed esalta l’anima. Apprezzava il vino e ne beveva per incrementare la propria concentrazione. Raccontò che “Di notte in casa, alla luce di una lampada, leggevo e scrivevo, e quando il sonno mi sopraffaceva, quando sentivo indebolirsi le forze, prendevo un bicchiere di vino per sorreggerle, e ricominciavo a leggere.”.
Il vino lo beveva in un bicchiere di vetro, una coppa di legno o terracotta o zinco o d’argento oppure direttamente dalla caraffa? Non è il contenitore che importa ma il contenuto.