Il vitigno autoctono Baratuciat
Due anni fa partecipai a una degustazione organizzata dal sommelier Antonio Dacomo a Torino. Lì provai “Gesia Veja”, un Baratuciat del 2019 di Giuliano Bosio che mi lasciò sorpresa. Il suo vino cominciava ad avere sottili aromi di idrocarburi molto simili al Riesling alsaziano. Gli chiesi di poter fare una degustazione da lui ma il covid scoppiò e tutto rimase in sospeso.
Finalmente la settimana scorsa ci mettiamo d’accordo e vado ad Almese da Giuliano. La sua dimora si erge sopra il paese. La vista dal balcone è splendida e le sue vigne vigorose circondano l’insieme. Con piacere lo saluto e Giuliano inizia a raccontarmi la sua vita e di come si innamorò del Baratuciat. Ha un’ottima dialettica ed ha saputo evidenziare le sfide e le opportunità che la vita gli ha offerto. Mi sono resa conto che era inutile scrivere di nuovo sulla riscoperta del Baratuciat da parte di Giorgio Falca negli anni 90, della prima bottiglia ufficiale nel 2008 prodotta dallo stesso e vinificata dalla cantina sperimentale del DISAFA e delle prime 38 bottiglie di Baratuciat prodotte nel 2010 da Giuliano. Ho pensato quindi di sottolineare le particolarità del Baratuciat. Ascoltavo Giuliano:“ il Baratuciat non ha una maturazione omogenea e richiede varie giornate di raccolte. Ma la parte più delicata è la vinificazione. Necessita una pressatura soffice e un’attenta cura in cantina per evitare al massimo l’ossidazione del vino.”
Il Baratuciat è un falso aromatico e ha come precursori di aroma varietale i tioli (molecola odorosa della frutta della passione e del pompelmo) e i terpeni e tanti carotenoidi presenti nelle bucce da cui provengono le sue note di idrocarburi. Chissà quale sarà l’influenza del terreno morenico su tali precursori?
Bisogna aggiungere che, secondo le indagini del CNR, il Baratuciat è un vitigno autoctono del Piemonte (Bassa Val di Susa) e non ha alcuna parentela con gli altri vitigni italiani conosciuti.
La degustazione
Degustando finalmente il “Gesia Veja” del 2019 dopo due anni di attesa, confermo che le note di idrocarburi si sono intensificate. I suoi profumi rimangono delicati, complessi e armoniosi.Si percepisce che Giuliano ha saputo rispettare le specificità del vitigno e del “terroir”. Un vino avvolgente, armonioso, che regala un bell’equilibrio tra sapidità e freschezza. Continua la degustazione con Àutvin, Ël Prussian e per concludere il suo passito “A Passeggio”.

Passito A Passeggio di Giuliano Bosio
Ne produce circa 800 bottiglie all’anno, ha una resa del 22% e la quantità di solfiti non supera gli 85 mg/l (un exploit! Visto che la legge tollera fino a 400 mg/l per i vini passiti e muffati.)
A mio parere il suo passito rappresenta la “pietra miliare” della sua proposta vinicola. È un vino sorprendente. La sua incredibile armonia a livello olfattivo e gusto-olfattivo è sbalorditiva. Si tratta di un passito opulento, profondo, strutturato, voluttuoso. Io consiglio di berlo fuori pasto perché offre un ampio e persistente piacere. È un vino con cui colloquiare, meditare, progettare, ricordare.
La Sacra di San Michele e il Baratuciat

Costellazione Ara, Sacra San Michele
Guardo lo splendido panorama che si sviluppa sotto i miei occhi e la pace che ne deriva. Alla mia destra, tra le sfumature verdi delle colline circostanti e il grigio rosa del Monte Pirchiriano sorge, sulla sua vetta, la maestosa Sacra di San Michele. Il cielo azzurro, man mano che scorre il tempo, si scurisce. Quante volte sono andata a esaminare il portale dello Zodiaco (data:1128-1130 D.c) del Maestro Nicolao e soprattutto la parte finale dello Scalone dei Morti?
Sullo stipite di sinistra furono scolpite le costellazioni australi e boreali. Ma la rappresentazione della costellazione Ara mi aveva intrigato. Nel libro che scrissi sulla pittura egizia avevo provato a riscoprire la provenienza iconografica. Si tratta di un pesce sdraiato su un altare. Nella religione cattolica, l’immagine del sacrificio è simbolizzata con un agnello immolato su un altare. L’opera di Nicolao, invece, si riferisce probabilmente alla religione antica egiziana dove il morto viene mummificato dal dio Anubi. È rappresentato sdraiato in un sarcofago pisciforme.

Tomba a Tebe, XIX Dinastia Egitto
Insomma questo Baratuciat anche è particolare. Il CNR ha concluso che questo vitigno non ha nessun parente tra i vitigni italiani. Allora da dove spunta? Qualcuno l’avrà portato da fuori Italia, come l’immagine stranissima del pesce sull’altare?
Molti vitigni della valle di Susa venivano dalla Borgogna tramite i canonici di Oulx. Nel XIII secolo al Castello di San Mauro di Almese viene citato un bianco aromatico “grignolerium”e nel 1209 il famoso agronomo Pier dé Crescenzi giudica il Grignolerium come uno dei migliori bianchi dell’epoca. Giuliano ha la sua suggestione. Che provenga da Furmint, con tutta quella botrite nobile che si sviluppa in fase di appassimento? Il passito del Baratuciat può competere con i Sauternes, Monbazillac, vendanges tardives alsaziane, Château Yquem ecc. Ė un fuoriclasse da assaggiare assolutamente.
Sullo stipite del Portale dello Zodiaco sono inscritte in latino queste parole:“Hoc opus hortatur saepius ut aspiciatur” (Quest’opera spinge a osservarla ripetutamente).
Sulla bottiglia del passito di Giuliano si potrebbe scrivere:”hoc opus saepe tendit ad bibendum”.(Quest’opera spinge a berla ripetutamente).
*La fonte di inspirazione di Nicolao proviene probabilmente dal De Astronomia di Igino.