Ospitalità in Mongolia
Nell’estate 2018, viaggiai lungo le steppe della Mongolia da Ulan Bator fino al deserto di Gobi. Eravamo 4 persone accompagnate da un conducente e una guida. Un vecchio minibus russo RAF-2203 verde scuro senza sospensioni ci trasportò per ben 4000 chilometri tra Nord ed Sud della Mongolia. Nella provincia di Bayanhongor una violenta tempesta di sabbia ci costrinse a fermarci per pranzare in una yurta privata. La guida scese dal mini van, bussò alla piccola porta di legno decorata, entrò e dopo alcuni minuti ci chiamò. Entrammo tutti insieme in questa piccola yurta. La proprietaria ci accolse discretamente e se ne andò subito. All’interno c’erano due letti, delle foto di famiglia appoggiate su un comò, qualche oggetto per la toilette e alcuni utensili da cucina. Al centro una piccola stufa in ghisa carica di legno riscaldava l’ambiente, una grossa pentola riempita d’ acqua bolliva. Mi offrii di preparare la pasta al pomodoro (ingredienti che tenevamo sempre nel mini van). Gan-Ulzii, il nostro conduttore e la guida mi osservavano perché non avevano la più pallida idea di come si facesse la pasta in Italia. Mangiammo tutti insieme seduti su sgabelli e letti con del pan carré mezzo ammuffito. Concludemmo il pranzo con una tazza di caffè solubile diluito nell’acqua bollente e qualche biscotto al cioccolato industriale comprato giorni fa in un supermercato. Pulimmo i nostri piatti e le pentole che portavamo sempre con noi. La guida lasciò una piccola mancia alla proprietaria che aspettava non lontano dal Ger e continuammo il nostro lungo percorso in mezzo a paesaggi incredibili.
In Mongolia, l’ospitalità fa parte della tradizione. La durezza del clima, le lunghe distanze e l’assenza di strade erano e sono rischi per la sopravvivenza di qualunque viaggiatore in difficoltà. L’ospitalità era un atto di bontà, di civismo, di umanità in risposta a questa terra ostile. Adesso le abitudini antiche si perdono anzi si sgretolano per varie ragioni.
Racconto quest’episodio perché nella nostra civiltà contemporanea è nata nel 2006 la home restaurant: ultima moda in fatto di ristorazione (una tendenza che si sviluppò a Cuba poi in America e che è approdata da poco in Italia). Si tratta di ospitare a casa propria un piccolo numero di clienti. Nella sala da pranzo del proprietario vengono servite pietanze e vini tipici della zona. Non è gratuito come lo è in Mongolia e si paga come in un ristorante.
Home restaurant nel Piemonte
Qualche tempo fa ho incontrato Paola Mazzier, di Casa Pepita, che propone da circa un anno questo servizio di ristorazione nelle sue due case. Una si trova nel centro di Torino e l’altra in campagna a Montegrosso d’Asti nel bel mezzo dei vigneti. Paola è una persona discreta, attenta, cordiale, generosa e amante del ben mangiare e del buonbere. Essa è cuoca, sommelier e ospita chiunque voglia gustare le sue prelibatezze culinarie e i suoi vini a casa sua: “que demande le peuple?” Ai turisti italiani e stranieri piace questo tipo di ospitalità perché scoprono la cucina piemontese casareccia. È giusto promuovere iniziative che diano valore alla tradizione grazie alla qualità e alla giusta provenienza degli ingredienti utilizzati. L’ospitalità ritrova, in quel caso, “la sua squisita umanità degli antichi” come la definì Leopardi.
I vini di Paola Mazzier
Con i vigneti di Barbera e Chardonnay impiantati a Montegrosso D’Asti e la collaborazione del produttore vinicolo Franco Roero, Paola Mazzier produce due vini: una Barbera d’Asti docg e un Piemonte Chardonnay doc
1/Barbera D’Asti docg: Pepita 2021
Vitigno Barbera
Esposizione Ovest
Terreno: calcareo, sedimentario, franco-sabbioso argilloso
Età vitigno: 8 anni
Resa media: 75q.li/ha
Forma di allevamento: Guyot
Vendemmia: selezione in vigneto delle uve, raccolte a mano in cassette da 20 chili
Vinificazione: fermentazione a temperatura controllata di 26° con rimontaggi e délestage per 15 giorni, macerazione sulle bucce per 10 giorni.
Affinamento: 10 mesi in vasche di acciaio inox, in bottiglia per 4 mesi
Grado alcolico: 15% vol.
2/Pepita Piemonte Chardonnay doc 2021
Vitigno: Chardonnay
Esposizione: Sud-Ovest
Età vigneto: 3 anni
Resa: 75 q.li/h
Tipologia del terreno: Calcareo, sedimentario, franco-argilloso
Forma di allevamento: guyot
Vendemmia: selezione in vigneto delle uve più sane raccolte a mano in cassette di 20 chili
Vinificazione: tradizionale in bianco a temperatura controllata di 16° per 20/25 giorni.
Affinamento: 6 mesi in vasche d’acciaio con maturazione sur lies
Grado alcolico: 14% vol.
Nella degustazione emergono all’instante tutte le caratteristiche della Barbera e dello Chardonnay. Sono due vini franchi, precisi ed espressivi del loro territorio. I profumi della Barbera sono: ciliegie, prugne e more, mentre quelli dello Chardonnay sono: frutti esotici maturi come la banana e l’ananas. L’intensità olfattiva è forte, fine e abbastanza complessa. L’acidità, l’alcol e i tannini della Barbera si equilibrano quanto l’acidità e l’alcol del Chardonnay. Sono vini “gouleyant” ovvero ampi e calorosi. Una Barbera e uno Chardonnay, giovani, molto fruttati, con una buona struttura equilibrata. Offrono una sensazione di caldo e inebriano le nostre papille gustative invitandoci e berne ancora. Sono due espressioni del Monferrato che consiglio di bere nell’immediatezza con piatti della tradizione piemontese.
Casa Pepita: www.casapepita.it