Umberto Bandiera fu Enrico, Negoziante in Vini ed Uve
Ho avuto il piacere di incontrare qualche settimana fa un simpatico enotecnico nella vendita di vini, Giuseppe Bandiera. Con il fratello Silvestro furono gli ultimi proprietari della ditta Umberto Bandiera. Giuseppe nasce il 15 agosto 1937 a Milano, dove vive ancora circondato dalla sua famiglia. Il suo racconto, su tre generazioni, illustra con garbo l’azienda Bandiera. Ho lasciato appositamente il suo scritto con poche modifiche. Scopritelo, è mirabile.

Giuseppe Bandiera
L’azienda commerciale Bandiera Vini e Uve ebbe inizio alla fine degli anni 1880 da Enrico Bandiera. Il commercio era localizzato in Via Passarella al centro di Milano. Ma la posizione non permetteva di allargare l’attività, per cui ci fu un primo trasferimento in corso Buenos Aires.
Dopo pochi anni, fu nuovamente necessario trovare uno spazio idoneo per costruire una cantina. L’azienda si spostò al Casoretto ove rimase fino al 1970.
Inizialmente il commercio verteva quasi totalmente sull’acquisto delle uve. La vinificazione avveniva presso la cantina a Milano o dai clienti, in quanto le osterie erano attrezzate con timi e torchi per vinificare.
Il trasporto dell’uva veniva quasi totalmente per ferrovia. Dopo gli anni 20 del 900, il figlio Umberto, rientrato in famiglia (dopo avere prestato il servizio militare durante la prima guerra mondiale), si impegnò col padre a sviluppare tale commercio.
Il suo compito fu quello di andare nelle zone di produzione per la scelta dei vini più adatti alla clientela. I mezzi di trasporto miglioravano sempre di più per cui la merce viaggiava, oltre che per ferrovia, anche in autotreni.

vagone serbatoio
I vagoni ferroviari venivano chiamati serbatoi, erano vagoni chiusi contenenti due botti dalla capacità di circa 75 hl cadauna, mentre sugli autotreni venivano caricati sulla motrice 6 o 8 botti di circa 7 /8 hl e 10 a 12 botti sul rimorchio. Tale lavoro proseguì fino al termine della seconda guerra mondiale. Con il miglioramento delle vie di comunicazioni e il boom economico il vino, all’inizio spedito sfuso, era imbottigliato direttamente sul luogo di produzione.
Quali erano i clienti finali?
Inizialmente la mescita del vino avveniva nelle osterie, nei circoli e nei “Trani” *(questi locali si chiamavano Trani dato che i gestori degli esercizi erano di origine pugliese e maggiormente dalla città di Trani). I figli di Umberto, Giuseppe e Silvestro continueranno l’attività fino al 1970 quando si dedicheranno ad altri incarichi.
I vini, che andavano per la maggiore negli anni precedenti la seconda guerra mondiale, erano quelli del Piemonte (la Barbera, il Nebbiolo, il Moscato), dell’Emilia (il Lambrusco), della Lombardia (i vini dell’Oltrepò), dalla Puglia (il Manduria, il Brindisi e lo Squinzano), il bianco della Sicilia (Alcamo) e il Marsala.
Nel 1970, chiusa l’attività di Milano, Giuseppe, avendo conseguito il diploma di perito agrario specializzato per la viticultura e l’enologia presso la prima scuola di Enologia d’Italia, l’I.S.I.S.S GB Cerletti di Conegliano, condusse un’azienda vinicola nel Veneto. Coltivava i vigneti di Cabernet Franc e Manzoni Bianco (n.6-0-13, varietà ottenuta tramite un incrocio tra pinot bianco e Riesling Renano).
Con dignità e ironia, Giuseppe conclude: “Vi ho raccontato la storia di un’azienda commerciale e di una famiglia sopravvissute a due guerre mondiali e vissute su tre distinti secoli: 800, 900 e 2000. Voglio finire con allegria citando due proverbi sul vino:
“Chi sa il latino loda l’acqua ma beve il vino
“Quando il capello tira il bianchino lascia la donna è tienti il vino.”
Cari lettori, io ribadisco: “A buon intenditore poche parole.”
*Trani: Il giornalista Giuseppe Barigazzi, che nel suo libro “Le osterie di Milano”pubblicato nel 1971 scrisse sui Trani: “Sono bottiglierie con cucina economica e mescita di vino che crescono come funghi intorno al 1890, in dipendenza delle guerre doganali con la Francia”. Non potendo più espatriare i rosati e rossi pugliesi in Francia, le cisterne delle bettole milanesi venivano riempite di vino pugliese.
Qualche precisione supplementare al racconto di Giuseppe
I vini proposti dall’azienda Bandiera erano:
*il Brindisi (che diventerà il Brindisi Doc nel 23.04.1980) elaborato con i vitigni: Negro Amaro, Malvasia Nera di Brindisi, Susumaniello, Sangiovese, Montepulciano;
*il Manduria (primitivo di Manduria Doc riconosciuto nel 1974). Il sistema di allevamento era ad alberello permettendo di ottenere una grande produttività e un alto contenuto zuccherino.
*lo Squinzano (Squinzano Doc riconosciuto nel 1976). Esistono due tipologie di vitigni per lo Squinzano Doc rosso: Susumaniello e Negro Amaro.
Nell’ 800 i vini non corrispondevano ai disciplinari attuali.
Il Brindisi o Brindisino aveva circa 14 gradi alcolici, lo Squinzano tra 14 a 16 gradi alcolici e il Manduria saliva a 17/18% vol.
Quello che potrebbe fare sorridere è il modo in cui le aziende milanesi si organizzavano per il trasporto del vino pugliese.
Nell’ 800 il vino veniva caricato su vagoni serbatoi e spedito con la ferrovia. Verso gli anni 30 del novecento, il figlio di Enrico Bandiera, Umberto si organizzava con altri negozianti di vino milanesi e partivano in gruppo per la Puglia prima della vendemmia con i loro autotreni.

Camion Fiat con rimorchio
Gli autotreni Fiat utilizzati in quel tempo erano: il Fiat 632 che poteva trasportare 6 botti da 7/8 hl sulla motrice e 8 botti sul rimorchio e il Fiat 634 che trasportava 8 botti sulla motrice e 10 sul rimorchio.
Una lunga fila di camion percorrevano tutta l’Italia formando una sorta di colonna militare scortata. In quell’epoca circolavano delle bande di banditi e succedeva che se al rientro verso Milano la colonna rallentava per qualunque ragione venivano assaltati e il vino spillato.
Insomma, un mestiere pericoloso il commerciante di vino sfuso!
Giuseppe e Silvestro, nipoti di Enrico, continueranno insieme la gestione dell’impresa famigliare negli anni 60.
Verso fine 68 i Trani milanesi sparirono, i ristoranti non acquisirono più vini sfusi e il vino pugliese fu imbottigliato direttamente in Puglia dal produttore. In passato, il vino veniva venduto sfuso perché il costo di una bottiglia di vetro era superiore al costo del vino.
La scelta dei vini offerti al pubblico si diversificò con una preferenza per il vino rosso come la Barbera (il vino più venduto a Milano), il Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese. Invece il vino bianco rimase una scelta più limitata:
*Severo della Puglia (San Severo Doc Bianco: 40-60% Bombino Bianco, 40-60% Trebbiano toscano e altri)
*Alcamo della Sicilia (Alcamo DOC bianco: Cataratto bianco lucido e/o Cataratto Bianco comune min.60%, Ansonica, Grillo, Grecanico, Chardonnay, Müller- Thurgau , Sauvignon max.40%)
*Riesling dell’ Oltrepò pavese.
Alla fine degli anni 60, l’azienda affrontò varie difficoltà. Giuseppe e Silvestro decisero di chiuderla e iniziarono una nuova avventura nella vendita di acqua. Ma questa è un’altra storia.
Grazie Giuseppe