Raccontami Franco…
Dopo il nostro primo incontro con Franco Ziliani e i suoi ricordi sulla Franciacorta, oggi ci spostiamo in Piemonte. Franco, raccontami… del Barolo.
Come hai scoperto le Langhe, tu che sei lombardo?
-“Come ho già detto in precedenza, collaboravo con la Gazzetta di Parma. Il direttore, Baldassarre Molossi, era un grande appassionato del Dolcetto d’Alba prodotto dall’azienda agricola Monfalletto di Cordero di Montezemolo, a La Morra. Andai a fare un’intervista lì e, approdato nelle Langhe, me ne innamorai immediatamente. Ci tornai più volte, visitando gli 11 comuni piemontesi che producono il Barolo DOCG (Barolo, Serralunga d’Alba, Castiglione Falletto, La Morra, Monforte d’Alba, Verduno, Novello, Grinzane, Diano d’Alba, Cherasco e Roddi).
Negli anni mi sono legato a tanti produttori delle Langhe, molti dei quali sono diventati amici: Beppe Rinaldi, Bartolo Mascarello, Fabio Alessandria della Comm. G.B.Burlotto di Verduno, Baldo Cappellano, e altri ancora.”
Che cosa ti evoca il Barolo?
“-Per me, il Barolo è un vino unico e imprescindibile. Lo si può tranquillamente paragonare ai grandi rossi della Borgogna francese. Questo vino offre al naso una varietà di sfumature olfattive che cambiano a seconda della zona e del cru di origine.
Ad esempio, il Barolo Ginestra di Domenico Clerico profuma di menta, mentre quelli di Castiglione Falletto sprigionano aromi di cioccolato e rosmarino.
Il mio Barolo preferito? Il Monprivato di Mauro Mascarello, prodotto dall’azienda Giuseppe Mascarello e Figlio a Castiglione Falletto.
Nonostante il carattere burbero di Roberto Conterno, apprezzo il suo Barolo Riserva Monfortino, le cui uve provengono dal Cru Francia a Serralunga d’Alba. E poi c’è il Barolo del mio amico Roberto Voerzio, a La Morra, anche se invecchia i suoi vini in barrique (piccolo peccato, ma glielo perdoniamo).
Mi piacciono i Barolo di Novello, di Monforte d’Alba, e soprattutto quelli di Castiglione Faletto. Invece i Barolo di Serralunga d’Alba richiedono più tempo per maturare. Questi ultimi sono più strutturati e tannici rispetto agli altri.
Ricordo ancora quando, al ristorante Felicin di Monforte d’Alba, ebbi il privilegio di degustare un Monprivato del 1958 in compagnia di Mauro Mascarello. Un Barolo che aveva sviluppato un ventaglio di profumi straordinario: prugna, ciliegia, terra, cioccolato. Un’esperienza indimenticabile!
Barrique o botte grande?
Con Bartolo Mascarello ho partecipato alla battaglia “barrique contro botte grande”. Io sono da sempre un sostenitore delle lunghe macerazioni e dell’invecchiamento in botti grandi. La barrique ha il “difetto” di trasferire al Nebbiolo aromi di vaniglia e tostature che sono estranei al Barolo. Inoltre, accelera il processo di maturazione: un’assurdità per un vino che fa dell’attesa la sua virtù.
E la cucina piemontese?
Durante le mie visite nelle Langhe ho scoperto anche i piatti della tradizione piemontese. Mi piacciono la finanziera, il tonno di coniglio, il vitello tonnato, i Tajarin, il bunet e i meravigliosi porri di Cervere.
Sono anche orgoglioso di aver contribuito alla creazione del sito barolodibarolo con la bravissima Francesca Camerano. Questo sito segnalava hotel, agriturismi, negozi, e… posso dirlo, li ho provati tutti!
Un aneddoto al Castello di Barolo
Anni fa partecipai alla premiazione annuale del Barolo al Castello di Barolo. Anna Maria Abbona, proprietaria di Marchesi di Barolo, serviva il suo vino agli ospiti. Gino Paoli, seduto alla mia sinistra, assaggiò un bicchiere e mi sussurrò: “Ma non mi sembra granché, questo vino!”.
A quel punto mi alzai, andai al tavolo vicino e presi una bottiglia di Barolo di Bartolo Mascarello. Tornai da Gino e gli versai quel nettare divino nel bicchiere. Dopo averlo assaggiato, esclamò: “Ecco, questo sì che è un grande vino!”. L’Abbona mi fulminò con lo sguardo.
Ogni anno, alla premiazione, veniva dedicata una bottiglia speciale all’ospite d’onore: una bordolese con un mix di Barolo. Gino Paoli firmò quella bottiglia e me la regalò. È ancora nella mia cantina.
Ah, e a proposito: ieri ho iniziato a leggere Pietr il Lettone di Simenon. Camilleri, invece, non mi piace.”
-“Franco, sai che tra Simenon e Camilleri è un po’ come paragonare un Barolo invecchiato in botte grande e un Barolo in barrique.”