Oggi ho il piacere di intervistare Franco Ziliani, noto giornalista e critico enologico. Nel mondo del vino italiano, lo conosciamo tutti: è una vera istituzione! Da qualche tempo, per motivi personali, Franco non scrive più e conduce una vita molto riservata. Ma, grazie alla nostra amicizia, sono riuscita a strappargli qualche aneddoto sul vino italiano. È per me un vero piacere condividere, di tanto in tanto, qualche goccia dei suoi preziosi ricordi.
Benvenuto, Franco…
Dimmi, Franco, dicembre è appena iniziato e presto stapperemo qualche bottiglia di spumante. Ti va di raccontarci qualcosa sullo spumante della Franciacorta?
“-Collaboravo come giornalista dal 1981 presso la Gazzetta di Parma. All’epoca scrivevo articoli sui grandi cuochi italiani, come Gualtiero Marchesi e altri. Un giorno, il direttore del giornale, Baldassarre Molossi, mi chiese di incontrare figure importanti anche del mondo del vino. Nel 1983, su suggerimento di Raspelli, contattai e incontrai Maurizio Zanella, dell’azienda vinicola Cà del Bosco.
Maurizio mi raccontò che l’idea di diventare produttore di vino gli venne durante un viaggio in Borgogna, accompagnato da vignaioli bresciani. Suo padre, titolare della ditta di spedizioni Gondrand a Milano, appoggiò il progetto. Il primo enologo di Cà del Bosco fu il francese André Dubois, originario della Champagne. Successivamente, arrivò Stefano Capelli, un bergamasco di grande talento.
Il 5 marzo 1990 nacque il Consorzio per la tutela del Franciacorta, con Paolo Rabotti (della cantina Monte Rossa) come primo presidente. Anni dopo, Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, sarebbe diventato co proprietario di Monte Rossa, oltre che di Borgogno, Fontanafredda, Mirafiore e le Vigne di Zamò.
Nel 2012 ci fu una polemica memorabile sul nome Franciacorta. Ricordo una pubblicità su un quotidiano milanese che diceva:
‘Non chiamatelo Champagne, ma Franciacorta!’Tra i produttori più importanti della zona c’è sicuramente Cà del Bosco, ma il pioniere è stato Berlucchi, grazie all’enologo Franco Ziliani – il mio omonimo – che nel 1955 iniziò a collaborare con il Conte Berlucchi, dopo essersi formato alla Scuola Enologica di Alba.
Tornando a Maurizio Zanella, una volta scrissi un articolo che non gli piacque affatto. Da lì nacque una certa tensione, quasi un ostracismo. Ma un giorno, sapendo che avrebbe visitato alcuni vigneti di Pinot Nero sul lago d’Iseo, decisi di incontrarlo di persona. I vigneti di quella zona sono di altissima qualità e Maurizio usa il Pinot Nero per i suoi migliori vini, come l’iconica cuvée Annamaria Clementi.Il primo vino che mi inviò fu un rosso, Corte del Lupo, un blend di Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot e Carménère. Poi arrivarono il Pinéro, un Pinot Nero in purezza, e lo Chardonnay in barrique Selva della Tesa. Ricordo anche un bianco chiamato Elfo, prodotto con l’Erbamat, un vitigno autoctono che finì nel disciplinare degli spumanti metodo classico Franciacorta DOCG.Ecco, questi sono alcuni ricordi legati a Maurizio Zanella, un uomo dal carattere forte che ha girato il mondo per promuovere i suoi vini. Potrei scrivere un romanzo su Cà del Bosco, ma per oggi mi limito a condividere queste briciole di memoria.”Grazie, Franco, per aver accettato questa piccola intervista. E chissà, magari la prossima volta parleremo del tuo tema preferito: il Barolo Cannubi. Ti auguro buone feste!
Benvenuto, Franco…
Dimmi, Franco, dicembre è appena iniziato e presto stapperemo qualche bottiglia di spumante. Ti va di raccontarci qualcosa sullo spumante della Franciacorta?
“-Collaboravo come giornalista dal 1981 presso la Gazzetta di Parma. All’epoca scrivevo articoli sui grandi cuochi italiani, come Gualtiero Marchesi e altri. Un giorno, il direttore del giornale, Baldassarre Molossi, mi chiese di incontrare figure importanti anche del mondo del vino. Nel 1983, su suggerimento di Raspelli, contattai e incontrai Maurizio Zanella, dell’azienda vinicola Cà del Bosco.
Maurizio mi raccontò che l’idea di diventare produttore di vino gli venne durante un viaggio in Borgogna, accompagnato da vignaioli bresciani. Suo padre, titolare della ditta di spedizioni Gondrand a Milano, appoggiò il progetto. Il primo enologo di Cà del Bosco fu il francese André Dubois, originario della Champagne. Successivamente, arrivò Stefano Capelli, un bergamasco di grande talento.
Il 5 marzo 1990 nacque il Consorzio per la tutela del Franciacorta, con Paolo Rabotti (della cantina Monte Rossa) come primo presidente. Anni dopo, Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, sarebbe diventato co proprietario di Monte Rossa, oltre che di Borgogno, Fontanafredda, Mirafiore e le Vigne di Zamò.
Nel 2012 ci fu una polemica memorabile sul nome Franciacorta. Ricordo una pubblicità su un quotidiano milanese che diceva:
‘Non chiamatelo Champagne, ma Franciacorta!’Tra i produttori più importanti della zona c’è sicuramente Cà del Bosco, ma il pioniere è stato Berlucchi, grazie all’enologo Franco Ziliani – il mio omonimo – che nel 1955 iniziò a collaborare con il Conte Berlucchi, dopo essersi formato alla Scuola Enologica di Alba.
Tornando a Maurizio Zanella, una volta scrissi un articolo che non gli piacque affatto. Da lì nacque una certa tensione, quasi un ostracismo. Ma un giorno, sapendo che avrebbe visitato alcuni vigneti di Pinot Nero sul lago d’Iseo, decisi di incontrarlo di persona. I vigneti di quella zona sono di altissima qualità e Maurizio usa il Pinot Nero per i suoi migliori vini, come l’iconica cuvée Annamaria Clementi.Il primo vino che mi inviò fu un rosso, Corte del Lupo, un blend di Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot e Carménère. Poi arrivarono il Pinéro, un Pinot Nero in purezza, e lo Chardonnay in barrique Selva della Tesa. Ricordo anche un bianco chiamato Elfo, prodotto con l’Erbamat, un vitigno autoctono che finì nel disciplinare degli spumanti metodo classico Franciacorta DOCG.Ecco, questi sono alcuni ricordi legati a Maurizio Zanella, un uomo dal carattere forte che ha girato il mondo per promuovere i suoi vini. Potrei scrivere un romanzo su Cà del Bosco, ma per oggi mi limito a condividere queste briciole di memoria.”Grazie, Franco, per aver accettato questa piccola intervista. E chissà, magari la prossima volta parleremo del tuo tema preferito: il Barolo Cannubi. Ti auguro buone feste!
Che bello e che gran piacere “risentire” Franco.
grazie. Sperò scrivere altri ricordi di Ziliani