Nimbostrati grigio antracite, tirati come tessuti elastici fino all’ultima resistenza, macchie bianche velate, parzialmente coperte da spruzzi di azzurro indaco, si specchiano in quel mare argentato e verde, rigato di schiuma bianca giallastra, vaporosa come bolle di sapone soffiate dal vento. La costa rocciosa, frastagliata dalle onde divoratrici, forma un lungo serpente tortuoso che circonda le piccole cittadine del Pays de Retz, in Bretagna. Qua e là, a seconda del livello della marea, appaiono e scompaiono sculture irregolari di granito scuro, su cui crescono lunghe alghe marine giallo senape o verde giada e piccole cozze nere. Baie lunghe o minuscole, di sabbia color giallo chiaro o rosa cipria scura, nascondono paradisi incontaminati, dove i gabbiani golosi rompono con il loro becco giallo intenso le conchiglie delle ostriche e pescano, con un passo da gufo sulle rocce taglienti, i piccoli pesci intrappolati in cavità naturali create dal continuo movimento del mare. Il vento di nord-ovest, freddo, profuma di salsedine e di pini marittimi. Senti pizzicare sulle guance la sua freschezza vivificante. I capelli non hanno più presa e svolazzano indisciplinati nell’aria.Passeggiando lungo quel mare immenso e rumoroso, crescono sulle pareti rocciose il finocchio marino, il brugo, la ginestra, i rovi e il faggio nano chiamato fagus tortuosa. Conigli selvatici, attirati dall’erba alta, saltano verso l’entrata circolare della loro tana appena percepiscono le vibrazioni del tuo passo. Pony irlandesi, con la loro lunga criniera bionda chiara, ti fissano, e i più audaci si avvicinano per chiederti, con i loro occhi scuri globulosi, se vuoi anche tu brucare l’erba fine e giallina del loro prato.In questa natura semi-selvaggia spunta Préfailles, una piccola città addormentata nel cuore della Costa di Giada. Antico borgo di pescatori e marinai, apprezzato alla fine dell’800 dalla borghesia bretone per la sua spiaggia ampia e la sua sorgente di acqua ferruginosa, Préfailles ci accoglie con il suo minuscolo centro: un’unica via con un panificio, una macelleria, una farmacia, un cinema e un’antica fabbrica di aquiloni del secolo scorso trasformata in un “Grand Bazar”. In quel relitto industriale il compratore curioso trova di tutto: dal filo da pesca alla tazzina da caffè, dalla maglietta con la scritta Préfailles ai gelati alla frutta e vaniglia bio, caramelle acidule, lecca-lecca al caramello salato per i bambini, cartoline e infradito colorati.
Che meraviglia entrare in quel negozio, alzare lo sguardo e vedere appesi al soffitto alto decine di aquiloni antichi fatti di tela di cotone beige, con incredibili strutture in legno leggero. Hanno forme strane, come vecchi aerei degli anni Venti, uccelli curiosi… e ti chiedi: ma questa roba può volare?
In fondo alla via principale, la terrazza del bar del paese, Le Saint Paul, ti invita a prendere una gazzosa alla granatina, un café crème o una noisette, o direttamente un ballon di Muscadet o di Grolleau, quel torcibudella che bevono gli anziani del posto, gli habitué, diciamo. Il bar propone anche piatti per turisti, come cozze alla panna e patatine fritte, andouillette e purè, e naturalmente il pesce del giorno, cucinato secondo la fantasia del cuoco. Vi confermo che quel pesce è fresco, perché ci sono i pescatori locali che lo portano la mattina. I migliori che si pescano in queste acque sono la sogliola porzione, la rana pescatrice, il pesce San Pietro, la razza servita con burro fuso e capperi, o semplicemente le sarde grigliate con la mostarda. E naturalmente ci sono le ostriche, servite all’aperitivo, a pranzo, come merenda o per cena. La tipologia coltivata è la fine de claire, rinomata per la delicatezza della sua polpa e per il suo sapore carnoso. Ci sono quattro misure: il numero 1 è la più grande e il numero 4 la più piccola. La scelta dipende dal gusto del consumatore e dal modo in cui vengono preparate. L’abbinamento Ostriche e Champagne iniziò nel XVIII secolo in Francia, con il re Luigi XV, e fu immortalato dal celebre quadro di Jean-François de Troy, Le Déjeuner d’huîtres (1735), in cui il piacere sfiora la dissolutezza. Ma un vero bretone le gusta con un bicchiere di vino bianco, un Muscadet, e un pezzo di pane con burro e limone. Niente di stravagante, solo il desiderio immediato di assorbire un po’ di quel mare “incarnato”, che sprigiona profumi intensi di sale, alghe, roccia granitica e freschezza di vita.

François_de_Troy Le déjeuner d’huitres foto wikicommons
Il mio piacere, invece, è varcare la porta del locale ogni mattina, sorseggiare il mio caffè lungo con un biscotto al burro salato e leggere le micro-notizie del giornale locale, ascoltando con discrezione i discorsi dei clienti. Parlano del tempo che è stato, del tempo che c’è e di quello previsto dalla meteo. La frequentazione di questo luogo emblematico è varia. Ogni mattina arrivano alcuni benestanti della capitale o di città dell’entroterra bretone per prendersi un café crème con il cornetto appena sfornato, comprato nel panificio vicino. Portano il loro computer, perché a Préfailles è quasi impossibile collegarsi: non c’è campo e solo il bar ha il Wi-Fi funzionante.
C’è una sorta di tradizione vestimentaria seguita da tutti i Préfaillais: pantaloni chiari, corti o lunghi secondo la stagione, e la tipica maglia a righe bianca e blu scuro; e quando piove – evento estremamente frequente e ripetitivo – il ciré giallo, giacca tradizionale dei pescatori e marinai dal 1960. Le signore più eleganti, che non rischiano certo di cadere in mare, preferiscono versioni in blu scuro. Questa uniforme, o uniformità, ci rende tutti autentici e attori, recitando in un teatro di campagna lo stesso ruolo: quello del Préfaillais, personaggio nostalgico, solitario, epicureo e sognatore di lunghi viaggi in mare alla scoperta di nuove terre, dove il sole s’inabissa tardi all’orizzonte. Nei suoi passi lungo la costa cerca la linea sottile – spesso invisibile – che separa il cielo dal mare, e così la sua percezione del tempo svanisce: egli diventa immortale e profondamente più umano.