Berganasca IGT Franconia rosato 2023 Elegia Cascina del Ronco di Villa d’Almé BG (prodotto biologico – tappo a vite)
“E dai Ziliani, tu che pur nato a Milano nel 1956 vive a Bergamo e dintorni – Stezzano – dal 23 settembre 1966 – (giorno del mio decimo compleanno) perché non scrivi mai di vini “bergheimer”?” (aggettivo creato dal grande giornalista e scrittore Giovanni Brera fu Carlo, sei nato a San Zenone Po, PV, come il sommo maestro di cucina Gualtiero Marchesi, che entrambi ho conosciuto, intervistato e frequentato ???
La risposta è tranchante. Non scrivo di vini bergamaschi non per snobismo verso una terra che mi ospita e che mi ospiterà (a meno che non riesca a farmi seppellire al cimetière du Père-Lachaise à Paris come Chopin, Paul Eluard, Edith Piaf, Yves Montand, Gilbert Bécaud, Henri Salvador, Jim Morrison e mille altre celebrità post mortem.
Calma non c’è fretta! Non ne ho scritto, salvo rarissime eccezioni come i vini di alcune micro aziende a Villa d’Adda (dove si produce un ottimo Pinot nero, il Tassodine di Giuseppe Magni, su suggerimento al produttore del mio amatissimo e bravissimo collega – il più bravo di tutti noi, allievo prediletto di Gino Veronelli, Francesco “Franz” Arrigoni, volato nel cielo dei grandi a 52 anni nell’agosto 2011), poi a Sotto il monte e a Pontida, su alla bella azienda, con ottimo ristorante, Tosca. In passato, ma dobbiamo tornare al 1987-88, scrissi dei Metodo Classico di Carlo Zadra, a Grumello del Monte e forse del Moscato di Scanzo, minuscola Docg Bergamasca, ma per criticare i prezzi folli (con quei soldi compri ben altri vini di ben altra qualità e notorietà) delle bottigliette da mezzo litro.
E sarei andato avanti a ignorare i vini del Terroir orobico se una domenica mattina di inizio maggio, anzi il 4/5, non mi fossi spinto ad andare in bicicletta da Stezzano fino a ponte San Pietro dove ha sede la storica Enoteca al Ponte già di Italo Castelletti, amico di Veronelli e campione mondiale dei Sommelier, e ora di suo figlio Luca, mio amico, ex AIS e ora AISP. A mezza strada passo per Curno e la memoria torna indietro agli anni Ottanta quando per mangiare pesce a Bergamo al ristorante era tappa obbligata la Trattoria Caprese di Bruno Federico.
Sosto davanti alla vecchia sede, dove andavo a cena con la mia adorata ex moglie Eliana e nostra figlia Valentina, 40enne copy writer based in Milan e una freccia mi porta verso la nuova sede. Ci arrivo entro nel giardino, mi presento, parlo con la figlia di Bruno e sul ritorno l’occhio mi cade, sulla mia destra, su filari di vigneti. Boia Fauss esclamo alla piemontese! Allora seguo la direzione, voglio vederli da vicino e arrivo in un posto stupendo, un’area verde gestito, con lodevoli scopi sociali, dalla Cooperativa Oikos (www.oikoscoop.it). Arrivo, parlo con qualche addetto, vedo bambini felici giocare e scopro che da quei vigneti ora davanti a me, uno scenario che sembrerebbe da Franciacorta, Monferrato, non da periferia di Bergamo. Si producono i vini dell’azienda Cascina del Ronco, vini rossi, bianchi, spumanti e un rosato.
Ormai sono lanciato, non mi ferma nessuno. Una gigantografia di una bottiglia di metodo classico Zéro, Brut Nature da uve Chardonnay mi “arrapa” enologicamente parlando, e poi vedo, mi hanno consegnato un bel dépliant con schede tecniche di ogni singolo vino, con bellissime etichette, che producono una serie di vini da acquolina in bocca. Due Valcalepio Rosso base Cabernet Sauvignon e Merlot, un Moscato di Scanzo, un Riesling Italico, un incrocio Manzoni con le bollicine, metodo classico non filtrato, grappa. Chiedo di poter parlare con qualcuno per assaggiare ‘sti vini così invitanti e inediti per il desolante panorama vitivinicolo made in Berghem.
Mi dicono che devo parlare con Frida Tironi. Boja Fauss bis! Ma io la conosco! Per farla breve lascio il mio numero di cellulare (la ricordo come una bella donna) e il giorno dopo Frida (che bel nome!) mi chiama e arriva addirittura a portarmi i campioni da degustare a casa. In breve diventiamo amici e mi racconta tutta la storia di Cascina del Ronco, che ha vigneti a Mozzo, Villa d’Almé, Scanzorosciate, Bergamo, Brembate sopra, e in quel posto magico, cara a Veronelli, che è il Monastero di Astino dove andavo con i miei e con una morosa di allora, Graziella, a mangiare prodotti Home Made, salumi, formaggi, frittate, vino in caraffa.
Frida mi rivela che le bellissime etichette sono opera di sua sorella e per me sono da applausi. Dunque, con quale vino iniziare, al mio feeling con Cascina del Ronco?

Elegia Cascina del Ronco Foto Ziliani
Come resistere all’etichetta, al colore del vino, un corallo-aragosta-melograno splendente e al nome del vino, Elegia?
A me quel nome evoca un pezzo meraviglioso per violoncello, di Gabriel Fauré, compositore francese che adoro invece Frida, mi dice che il vino “fa riferimento all’elegia latina, dove al centro di tutto vi erano i sentimenti e la campagna, luogo ideale in cui fare vivere i racconti e l’amore puro, scartando dai canoni classici” roba da Albio Tibullo.
Un rosato da amore e natura, da gustare ben fresco andando “in camporella” (a leggere poemi latini, mica “suonare la tromba” !!!) con la vostra amata. Io questo Elegia, da uve Franconia (imberghem) coltivate su terreni marmosi, a guyot, con 60 quintali di resa per ettaro, me lo sono gustato e goduto “amore platonico ahimé…” a casa, facilitato nel servizio dal tappo a vite, e abbinandolo via via a roast beef, salame contadino, tortellini con ragù di carne.
Un rosato con le “palle”, vero Frida?
Colore, già descritto, ma mi ripeto, meraviglioso, corallo-aragosta-melograno, rosa intenso, con leggeri riflessi rubino/granato, profumi suadenti di ciliegie di Vignola o le famose “Ferrovia” pugliesi, lamponi, ribes rossi, le fragole stupende che mangiai nel 1996 in Barossa Valley in Australia oppure quelle di una piccola azienda agricola di Comun Nuovo al confine con Levate, sempre dalle mie parti, che il mio ex vicino Simone G. (grazie caro amico!) mi porta viziandomi e sapendomi goloso di strawberries.
Caldo in bocca, largo, succoso, sensuale, grande armonia ed equilibrio, struttura salda, tannini ben presenti ma soffici, persistenza lunga.
Un rosato, e dajé con queste metafore erotiche! Curvy, con le curve al posto giusto.
Da bere ascoltando il frastronante Live Cuba dell’agosto 2005 dei Simply red!