Sabato 4 marzo ho partecipato a una masterclass su i Cru del Barolo organizzato da #stradadelbarolo e #winetastingexperience. L’evento si svolse presso il magnifico palazzo Birago, sede istituzionale della Camera di Commercio via Carlo Alberto a Torino.
Storia del Palazzo Birago di Borgaro:
Tommaso Birago (1621-1710), gentiluomo di camera del principe di Soissons, ebbe cinque figli. Il primogenito fu Augusto Renato, acquirente del terreno dell´isola Sant´Aimo dal marchese Giovanni Domenico Quadrio di Ceresole e iniziatore (1716) del palazzo di via Carlo Alberto.Scelse il grande architetto Filippo Juvarra per la progettazione della sua residenza. Diventerà uno dei palazzi tardo Barocco più eleganti del Piemonte. Uno degli elementi architettonici più fantasiosi e straordinari di questa dimora è, al mio avviso, il cortile d’onore dove il Juvarra è riuscito a creare una splendida scenografia.
“I Birago rappresentano una delle più note casate di Francia e d´Italia.Dopo cinque secoli di vita lombarda, nel Cinquecento il ramo principale dei Birago, avendo in odio gli Sforza, lasciò il paese d´origine e si trasferì in Francia e in Piemonte.”di Elisa Gribaudo Rossi
Vorrei invece soffermarmi su Flaminio Birago, uno degli antenati più intriganti della casata.
Flaminio Birago (1506-83) figlio di Carlo conte di Vische e gentiluomo di camera del re di Francia (Carlo IX), fu letterato e poeta apprezzato a Parigi, dove nel 1581 si stampò un suo volume di poesia. Come molti gentiluomini del suo tempo, compose dei versi, nella duplice ammirazione di Ronsard e Desportes. Ma ciò che distingue la sua poesia è un senso molto acuto della sofferenza e della disgrazia. Segnato dal suo tempo, non ci fa sentire altro che lamentele luttuose.
Poesia:
Vi propongo di seguito una delle sue più allegre poesie: “J’aime si hautement que je n’ose nommer”. Si tratta di un sonetto composto da due quartine con rime incrociate e due terzine. Flaminio rivela il suo amore forte per una donna di cui nasconde l’identità. La sua impresa è alta e difficile ma non importa, la sua vittoria ne sarà più bella e apprezzata.
J’aime si hautement que je n’ose nommer
La divine beauté reine de mon courage,
De peur que le vulgaire ignorant et volage
De ma témérité ne vienne me blâmer.
Si veux-je toutefois plutôt me consumer,
Aimant une déesse en peine et en servage,
Et souffrir maint ennui, mainte mort, mainte rage,
Qu’être content de peu et bassement aimer.
Que si mon entreprise est haute et malaisée,
La victoire en sera plus belle et plus prisée.
On connaît le soldat aux exploits dangereux,
On connaît le nocher alors que la tourmente
Menace son vaisseau sur la mer véhémente,
Et aux braves desseins un esprit courageux.
Traduzione mia:
(Amo così tanto che non oso nominare
La divina regina di bellezza del mio coraggio,
per evitare che il volgo ignorante e capriccioso
per la mia temerarietà mi biasimi.
Ma se preferisco consumarmi
amando una dea nel dolore e nella schiavitù,
e soffrire molti problemi, molta morte, molta rabbia,
piuttosto che accontentarmi di un amore piccolo e meschino.
Che se la mia impresa è alta e dura,
la vittoria sarà più bella e più apprezzata.
Il soldato è noto per le sue imprese pericolose,
Conosciamo il marinaio quando la tempesta
minaccia la sua nave sul mare impetuoso,
E lo spirito coraggioso con progetti coraggiosi.)
Caro Flaminio, il tuo malessere e la tua paura mi rattristano; forse se tu avessi scoperto e potuto apprezzare un bel bicchiere di Barolo la tua innata melancolia sarebbe svanita come neve sotto il sole ardente della primavera. Allora ti consiglio di ascoltare qualche informazione sul Barolo da eruditi connaisseurs e chissà se da dove ti trovi ti verranno finalmente il sorriso e la scioltezza d’amare.
La Masterclass:
La Masterclass intitolata I cru del Barolo con Strada del Barolo e i grandi vini di langa era dedicata alla scoperta del Barolo, della sua storia e alla degustazione di quattro cru. Una degustazione guidata, un viaggio virtuale attraverso le menzioni geografiche del Barolo, scandito dalla degustazione di quattro diverse etichette. Il relatore, Emanuel Mattea ha saputo presentare e spiegare in modo chiaro e preciso le basi del Barolo e della degustazione (cosa non evidente in mezz’ora) e lasciare esprimere i presenti liberamente sulle loro preferenze senza imporre il suo punto di vista.
Bisogna aggiungere che l’anno 2018, per il Barolo, è un anno di stampo tradizionale. Niente a che vedere con l’eccezionale anno 2016.
In seguito vi inserisco il link in cui potete leggere il report completo sulla vendemmia 2018.
Degustazione dei 4 cru:
In sintesi la proposta dei 4 vini era un crescendo in intensità e complessità.
1/Diego Morra, Barolo DOCG Monvigliero 2018: Un Barolo con un colore un po’ più scarico degli altri. Al naso frutti rossi (ciliegie), note balsamiche e speziate. Una struttura un po’ debole in paragone ai 3 successivi.
2/Aurelio Settimo, Barolo DOCG Rocche dell’Annunziata 2018: Colore granato un po’ più intenso. Aromi tipici del Barolo. Vino più strutturato. Ma questo Barolo è già evoluto (forse più del normale).
3/Costa di Bussia, Barolo DOCG Bussia 2018: I profumi fruttati e floreali sono poco presenti. C’è una prevalenza di note di sottobosco e balsamiche. I tannini sono più rugosi. Ha una bella freschezza che gli permetterà di evolvere. Vino più ruvido, angolare. Da aspettare.
4/ Le Strette, Barolo DOCG Bergera-Pezzole 2018:
Al mio avviso è il vino che rappresenta al meglio il Barolo nella sua tipicità.
Ci sono degli aromi di frutti rossi (amarena e prugne), delle note delicatissime floreali di rosa e aromi terziari di spezie. I tannini sono ben amalgamati in parte grazie alla sua alcolicità elevata (15% vol.) Un vino potente e di forte struttura. Ha una bella sapidità. Esprime bene l’annata.
La maggiore parte dei partecipanti presenti hanno confermato il Barolo DOCG Bergera-Pezzole come il più piacevole. Rappresenta al meglio le loro aspettative. Penso che sarebbe interessante riprovare la stessa degustazione fra 5 anni.
Ascoltami Flaminio, meglio passare la serata con un gran Barolo che con un amore piccolo e meschino.
Come scrisse il poeta Ronsard che ammiravi tanto:
Et boyvon l’un à l’autre, afin
Qu’au coeur noz tristesses encloses
Prennent en boyvant quelque fin.
(E beviamo l’uno con l’altro, in modo che nel cuore le nostre tristezze possano cessare con il bere).