Barbera d’Alba Superiore 2021 Azienda Agricola Brezza – Barolo
Tappo in vetro (utilizzato dopo lunga sperimentazione anche su Dolcetto d’Alba)
Colore rubino violaceo intenso, profondo, bella grassezza e consistenza nel bicchiere.
Subito impattante, ricco, caldo, pieno, succoso, con prevalenza di note di mora di rovo e accenni di liquirizia.
Bocca ampia, larga e succosa. Generosa, ammiccante e profonda, con acidità (tipica del vitigno) che spinge e dolcezza naturale di pura frutta matura, senza tannini, non come nel Nebbiolo dove sono dominanti.
Abbinamento mio, a pizzoccheri con grana padano ed erbette, ma la Barbera regge benissimo primi piatti, paste con ragù di carne e salsiccia, carne cruda all’albese. Aveva ragione Giacomo Bologna:
“La Barbera è femmina, generosa e ha le tette che svettano, della quarta misura!”
Colore paglierino oro intenso, grasso nel bicchiere.
Naso caldo, solare, agrumato, con una bella vena sapida, minerale.
Bocca larga, piena, succosa, alcol (12%vol.) perfettamente bilanciato.
Bella ampiezza e consistenza quasi da vino rosso o da Orange Wine, che però si fa bere, perbacco!!!
Ha una dolcezza naturale, elegante (l’eleganza è un po’ lo stile dei Kihlgren, di origine svedese, che conosco da anni e fanno parte della Fivi) che ti accarezza il palato.
Non è bianco da barca o da spiaggia, ma un vino completo, complesso e impegnativo che richiede i giusti abbinamenti a tavola (a casa Kihlgren si mangia molto bene!). Ovviamente pesci tipo branzino, orata, dentice, San Pietro, su funghi porcini saltati in padella, fiori di zucca con ripieno di funghi, ma anche coniglio in umido e fricassea di pollo.

pas dosé Montellori
Montellori Blanc de Blancs Pas Dosé 2020 Fattoria Montellori di Alessandro Nieri a Fucecchio(FI).
Dal borgo nativo del Maestro di giornalismo e indipendenza di pensiero Indro Montanelli, fondatore del quotidiano”Il Giornale” nel 1974 (di cui io sono stato collaboratore, tanti anni fa, i primi articoli per la pagina dei libri nel 1981, poi alle pagine Agroindustria del mercoledì).
Un metodo classico che non ti aspetti, e che mi incantò al primo assaggio, tanto che ne scrissi sul mio blog bollicinaro Lemillebolleblog, nome inventato da mia figlia Valentina, 40 anni, copy writer.
Questo Blanc de Blancs viene ottenuto da uve Chardonnay da vigneti posti sul Montalbano, a 500 metri di altezza, su terreni a predominanza calcarea.
Riposa 36 mesi sui lieviti e la scelta di non dosarlo è proprio per esaltare le caratteristiche del terroir.
Dégorgement nel gennaio 2024.
8200 bottiglie prodotte.
Colore giallo paglierino squillante, bella presa di spuma.
Naso diretto, incisivo, perentorio. Si apre in un dialogo franco e serrato con chi ha la fortuna e il piacere di berlo, scoprirlo e, nel caso mio, riscoprirlo.
Sale, pietra, agrumi in forte evidenza.
Bocca ricca e cremosa nonostante sia un Pas Dosé. Gusto profondo e avvolgente con persistenza lunga e una vinosità esaltata nell’ampio calice di Spiegelau che ho messo a confronto con l’insuperato (insuperabile?) bicchiere Sparkle, lungamente studiato (e poi realizzato da Italesse) da Luca Bini, trentino, in azione alla Casa del Vino di Isera, tenuta del Marchese Carlo Guerrieri Gonzaga, proprietario e Gran Signore della Tenuta San Leonardo. Le bollicine che non ti aspetti spiazzano chi le assaggia per la prima volta.
Un piccolo gioiello della viticoltura e della sapienza enoica toscana che sanno esprimersi alla grande anche in bianco e non solo a San Gimignano con la Vernaccia (da non perdere le varie versioni della Fattoria Montenidoli), in Maremma (l’Ansonica e il Vermentino della Fattoria di Magliano) e certi Pinot bianco ottenuti a Radda in Chianti.
Il mio abbinamento cibo/vino è stato con un risotto allo zafferano (non quello strepitoso che Marie e François Pillet ottengono a le Barroux in Haute Provence – mio articolo su Spirito di Vino del giugno- luglio 2005 – purtroppo!). E il riso non è un Carnaroli o un Vialone Nano. Ha funzionato bene anche con una frittata alle erbe.

La Galeisa
Moscato d’Asti La Galeisa 2024 Azienda Agricola Caudrina di Romano Dogliotti e figli a Castiglione Tinella.
Colore paglierino di media intensità, ampio e cremoso nel bicchiere.
Naso intensamente aromatico con le note tipiche di uva Moscato da vigne ben coltivate e uve raccolte al giusto punto di maturazione.
Note di crema, meringa, con o senza panna, salvia e agrumi.
La bocca è avvolgente, dolce, senza eccessi e stucchevolezze, persino sensuale.
Persistenza lunga senza spigoli, tutto in perfetto equilibrio.
Da quanti anni conosco Romano/ Rumanun, che quando mi chiama o lo chiamo al telefono urla:”Tiratore-Francooo!”
Io per il modo di scrivere, senza guardare in faccia a nessuno e senza timore per le polemiche, ero chiamato “il francotiratore”– da un’infinità di anni!!
I Dogliotti producono anche altri vini, a partire da uno spettacolare Asti Docg “La Selvatica” con l’etichetta che riporta un disegno del “grappaiolo angelico” (definizione coniata da Gino Veronelli) Romano Levi in Neive, uno dei comuni di produzione dell’altro grande DOCG Nebbiolesca, il Barbaresco, reso noto nel mondo da “le Roi” Angelo Gaja. Poi varie Barbera d’Asti, e un Moscato passito, bottiglietta da 375 ml che porta il nome del padre “Redento”. Dimenticavo la Barbera d’Asti “La Lunatica”.
Con la Galeisa (ma come mi tratta bene!) ho messo in lunga infusione delle fragole della Basilicata, e noto che non occorre più attendere di avere fragole squisite come Dio comanda!
Un giorno dopo, le fragole sono ancora più buone e si è davvero realizzato, in spirito veronelliano, un matrimonio d’amore, un mariage d’amour, a perfect match wine&food.
PS: Consiglio di fare come me, godervi le fragole nel Moscato di Dogliotti ascoltando “L’Ouverture” e poi tutta l’opera delle “Nozze di Figaro” di Mozart K462.
Un susseguirsi di Arie da brivido a partire da “Madamina il catalogo è questo delle donne che amò il padron mio”. Mozart e Lorenzo Da Ponte, un duo perfetto, quasi come Mogol e Lucio Battisti!!!